Sahar Khodayari era una donna tifosa di calcio, come tante nel mondo. Appassionata, sostenitrice. Ma con la sfortuna di essere Iraniana.
L’Iran è l’unico Paese a vietare l’ingresso alle donne negli stadi. Ciononostante, Sahar non si era arresa e il suo animo di donna dura non si era dato per vinto. Qualche mese fa era entrata allo stadio Azadi di Tehran vestita da uomo e per un po’ aveva creduto di averla fatta franca. Ma la disumanità, talvolta, è implacabile.
È stata arrestata e portata in una delle galere femminili più indecorose del mondo. Di recente è stata rilasciata, con l’obbligo di dover scontare una condanna per mesi per oltraggio al pudore.
Allora si è cosparsa di benzina e si è bruciata. Il suo corpo si è ricoperto per il 90 per cento di ustioni di terzo grado. Due giorni fa ha lasciato la nostra terra, che forse non meritava uno spirito così tenace.
Sahar è morta e il suo sacrificio per una società più giusta e inclusiva è passato in secondo piano nel mondo. Tuttavia, se le parole hanno un significato e possono trasmettere un insegnamento, il suo gesto per noi non resterà invano.
Ecco il senso autentico di “Verba Manent”, che riprende il suo percorso di parole, emozioni, sensibilità e cronache di riflessione. Lasciare un’eredità morale è il compito di tutti noi, sull’esempio estremo di Sahar.