Verba manent: una bolletta fatale, specchio del sistema fiscale italiano

Una vigilia di Natale fatale nella cittadina ligure di Camporosso, dove un’anziana signora ha perso la vita a seguito di uno choc provocato da una bolletta sbagliata. Importo assurdo, 15.000 euro di consumi relativi al periodo agosto/ottobre, che sono stati automaticamente prelevati dal conto corrente della signora, direttamente collegato al fisco tramite il suo istituto di credito. Risparmi finiti, malore improvviso, ricovero e poi decesso. 

Un caso anomalo, ma molto tragico. Ovviamente sono arrivate le scuse del Comune, che si dice però estraneo alla vicenda (l’acquedotto sarebbe gestito da una società terza), e la cifra è stata rimborsata. La signora, anziché quindicimila euro, ne avrebbe dovuti pagare solo quindici. Tre zeri di troppo, che sono risultati letali. I famigliari ricorreranno per vie legali, tuttavia accertare il rapporto causa – effetto non sarà facile. Qualcuno sostiene sia colpa della burocrazia, che stavolta, in verità, non c’entra. La colpa è di un sistema, quello fiscale, che è vecchio, censorio e che si concede spesso il lusso di trascurare una svista, magari a sua volta incautamente pagata dal contribuente, senza accertare con attenzione caso per caso. Se la vecchietta fosse stata più in forze, più autonoma e la cifra non fosse stata così assurda, bensì più “plausibile”, è probabile che nessuno si sarebbe accorto dell’incongruenza tra dato e dovuto. Il sistema avrebbe fatto cassa, il cittadino si sarebbe sottratto denaro – a fronte di quali servizi?

Potremmo sembrare approssimativi, ma il discorso cambia se si pensa che l’Italia è il quinto Paese più tassato d’Europa, dove per ogni mille euro di reddito, il fisco ne intasca 430. Le tasse salgono al 43% del PIL e, ripetiamo la domanda, a fronte di quali servizi? La capitale del Paese, Roma, è notoriamente la città con più difficoltà di gestione rifiuti; eppure lì si paga la TARI più alta d’Italia. Fare impresa è complicato: nel 2022 la pressione fiscale, data dal rapporto tra entrate fiscali e PIL, ha raggiunto il 43,5%. Così chi può emigra, i cervelli fuggono e l’evasione fiscale prolifera. 

Tutto questo non c’entra, ovviamente, in maniera diretta col caso della povera signora di Camporosso, tuttavia quanto accaduto è parte di un meccanismo che non funziona. La riforma fiscale è una delle diverse riforme promesse dai partiti di maggioranza, eppure finora, entrati ormai nel secondo anno di governo, tutto tace. Questa, come quella della giustizia, ad esempio, non è una riforma che si attua dall’oggi al domani. Serve tempo e programmazione che a quanto pare mancano. Peccato, con un sistema fiscale snello, moderno nella sua attuazione e nel rapporto col cittadino, incentivante ed etico, il Paese crescerebbe. Così come i servizi che offre, i quali, a fronte di un sistema carissimo, lasciano molto a desiderare. 

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