L’instabilità non è solo una conseguenza delle sue azioni, è il fine stesso. Donald Trump non è più solo l’ex presidente degli Stati Uniti o il candidato repubblicano alla Casa Bianca: è un agente del disordine, un catalizzatore di tensioni internazionali, un leader che incendia.
Le ultime settimane ne sono la dimostrazione. Prima il violento attacco a Volodymyr Zelensky su “Truth, il suo social network, in cui il presidente ucraino è stato definito un “comico di modesto successo” e un “dittatore”. Poi il finto scontro con Kiev, durante la visita di Zelensky; un litigio studiato a tavolino per rimescolare le carte della geopolitica e mettere in crisi il sostegno americano all’Ucraina, al fine di accrescere il potere negoziale statunitense. Infine, il post in cui ha ironizzato su Justin Trudeau chiamandolo “governatore” del Canada, come se Ottawa fosse già parte del suo futuro impero. Un’affermazione che, detta da chiunque altro, sarebbe stata archiviata come una gaffe. Ma detta da Trump – che ha più volte flirtato con l’idea di annettere territori alla “grande America” – assume il sapore di una minaccia.
Non si tratta di provocazioni isolate. Trump ha un obiettivo chiaro: destabilizzare l’ordine internazionale, minare i rapporti tra alleati, gettare nell’incertezza il futuro della sicurezza globale. Colpire l’UE, già ferita da anni di autolesionismo. L’attacco a Zelensky non è un semplice insulto, ma un segnale politico: la sua eventuale amministrazione potrebbe non essere più un partner affidabile per Kiev, e la difesa dell’Ucraina potrebbe non essere più una priorità. Un messaggio che Mosca ha colto al volo, con Putin che non ha nemmeno dovuto commentare: bastava lasciare che il caos si alimentasse da solo.
E poi c’è il Canada. Il post su Trudeau non è solo una battuta di cattivo gusto, ma un riflesso del suo modo di vedere il mondo: per Trump, le relazioni internazionali non sono basate su alleanze, ma su gerarchie. Chi è abbastanza forte comanda, chi non lo è viene annesso, inglobato, ridotto a satellite. Il concetto di sovranità nazionale, per lui, è negoziabile. Un’idea che, storicamente, ha portato a guerre, invasioni e conflitti senza fine.
Trump non è un isolazionista, come molti sostengono. Non vuole un’America chiusa nel proprio guscio, ma un’America dominatrice, un impero senza vincoli né regole. La sua strategia è chiara: dividere per comandare, destabilizzare per imporre il proprio controllo. E il mondo, di fronte a questo, non può permettersi di restare a guardare.