Con lo stesso garbo con cui a Natale accettiamo di ricevere regali improponibili, dovremmo sorridere davanti al “sì sì vax” del nuovo trio Bassetti, Pregliasco e Crisanti. Sulle note di Jingle Bells, nella trasmissione “Un giorno da pecora” i tre professoroni si sono calati nei panni di Michael Bublé, con la differenza che lui salta fuori solo a Natale, mentre loro dominano la scena televisiva più volte al giorno tutti i giorni.
Delle vere e proprie star televisive, i virologi sono su un piano superiore al genere umano medio: possono dire ciò che vogliono, talvolta contraddicendosi, talaltra perfino litigando tra loro, ma guai a non accogliere il loro pensiero. Si diventa subito “no vax”, “untori” e pure un po’ fascisti, ohibò.
Il siparietto che hanno offerto, diventato subito virale, è stato ideato forse per sdrammatizzare un periodo complicato come quello che stiamo vivendo. E magari per convincere qualcuno in più – chi, però, scioglierebbe i propri dubbi dopo un simile show? La verità è che, se si vuole convincere davvero qualcuno, bisognerebbe accompagnarlo al vaccino, non proporgli due strade, com’è stato fatto, per cui una lo porta a essere un savio cittadino, mentre l’altra lo condanna alla damnatio memoriae. E questo, oggi, non si può più fare, perché lo zoccolo duro di scettici che si è creato ormai non è persuadibile, a causa di comunicazioni sbagliate e notizie ai limiti del terrore.
Un pensiero, infine, sul fatto di cantare. Da mesi attori, cantanti, sceneggiatori, attrezzisti, ballerini e chi più ne ha più ne metta arrancano per lavorare. Di loro si parla pochissimo. Invece quando tre virologi stonano in allegria qualche nota, le pagine dei giornali si riempiono. Citeremmo Dante, purché il Sommo non si rivolti nella sua tomba in quel di Ravenna: “Ahi serva Italia”.