Vittorio Sgarbi è sempre stato un uomo di battaglia. Nelle parole, nei gesti, nella sua instancabile difesa dell’arte e della bellezza. Un uomo che ha costruito la sua carriera sul talento di saper vedere e raccontare ciò che spesso sfugge agli altri: il dettaglio, la luce, l’armonia di un’opera d’arte. Oggi, però, la sua battaglia è contro qualcosa di invisibile e implacabile: la depressione.
Negli ultimi tempi, la sua condizione si è aggravata. Il peso delle vicende personali e giudiziarie, la stanchezza, il logorio di una vita sempre vissuta a mille all’ora lo hanno spinto in una spirale buia. Ma Sgarbi non è un uomo qualunque: è un combattente, un divulgatore, un custode del bello. E proprio per questo non può lasciarsi sopraffare da ciò che è il contrario del bello: il buio.
La sua battaglia è quella di molti. La depressione non fa distinzioni, non guarda titoli o successi, colpisce con un silenzio che diventa assordante. Sempre più persone, soprattutto giovani, si trovano a combattere contro questo nemico invisibile. Si chiudono in sé stessi, incapaci di trovare un’uscita, prigionieri di un dolore che non si vede ma che divora.
Eppure, la soluzione esiste, e spesso si trova proprio in quello che Sgarbi ha sempre difeso con passione: la cultura. L’arte è terapia, è cura, è via di fuga dal tormento interiore. Nella bellezza di un quadro, nella perfezione di una scultura, nella profondità di una pagina scritta, c’è un respiro, una pausa dal dolore. Non è un caso che la storia sia piena di artisti, filosofi e pensatori che hanno trovato nell’arte un rifugio contro l’oscurità della mente.
Lo studio, la curiosità, la scoperta di qualcosa di nuovo sono strumenti potenti contro il male di vivere. Chi legge, chi osserva, chi ascolta si allontana, anche solo per un istante, dal proprio dolore. Ed è proprio in quei momenti che si può trovare la forza di reagire. Il problema, però, è che nei momenti più bui la cultura sembra distante, quasi inaccessibile. È lì che serve uno sforzo, un atto di volontà: combattere ciò che è negativo con la bellezza, opporre alla disperazione la conoscenza, riempire il vuoto con la ricerca.
Ma il silenzio non è mai la soluzione. Serve parlare, serve esprimere ciò che si prova. Perché quando i pensieri vengono condivisi, quando le fragilità non vengono nascoste ma raccontate, gli altri possono diventare un aiuto e non un ostacolo.
Sgarbi, con la sua cultura, la sua passione, la sua energia, ha sempre saputo accendere l’interesse per l’arte in chi lo ascoltava. Ora deve accendere una luce anche dentro di sé. Perché la bellezza che ha sempre raccontato non è solo nei quadri e nelle architetture, ma anche nella vita, nella resistenza, nella capacità di rialzarsi.
Per lui, e per tutti quelli che stanno affrontando la stessa battaglia, vale una sola regola: non arrendersi. Perché il buio può essere sconfitto. E la luce, prima o poi, torna sempre.