È sempre divertente ricercare le dichiarazioni che i leader politici hanno rilasciato in passato, per confrontarle poi con l’attualità – Salvini in questo è mago.
Stavolta, però, Giorgia Meloni si è superata: “Assurdo che in Italia ci sia ancora la figura ottocentesca dei senatori a vita […] Fratelli d’Italia non si piega a questa vergogna”, affermava nell’estate scorsa. Da qualche giorno, invece, guarda con favore alla proposta di Silvio Berlusconi come tale.
È il principio del senatori quando fa comodo, un bieco strumento politico che cavalca l’onda del momento, che obnubila la memoria, a testimonianza del fatto che in politica le parole seguono il soffio del vento, come una vela con la brezza in poppa. Il populismo è così: dire ciò che va di moda, fare non quello che è giusto, ma quello che piace alla gente. Oggigiorno Berlusconi è vittima di una malagiustizia e allora, anziché andare prima a fondo con la verità e riformare daccapo un sistema marcio, si privilegia lo slogan.
I senatori a vita sono un po’ come il Tancredi nel Gattopardo, se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. O come i vitalizi, che tutti vogliono togliere, eppure sempre lì stanno. Questione di prospettive, tra letteratura e politica. La sostanza, comunque, è la stessa.