Verba manent: semafori ed etichette

Non più soltanto semafori per la circolazione di pedoni e veicoli, ma anche di alimenti. Questa è l’ultima invenzione franco-tedesca: colorare i cibi “dannosi” per la salute ed escluderli, di fatto, dal mercato, convincendo i consumatori che essi facciano male alla salute. Guarda caso, si tratta dei principali prodotti agroalimentari italiani: olio extravergine di oliva, formaggi, salumi, ovvero l’essenza della dieta mediterranea, globalmente apprezzata e riconosciuta.

A mettere il timbro sul Nutriscore è stato anche Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza, che ha seguito una logica errata sotto due aspetti: quello economico, perché il settore agroalimentare vale 46.1 miliardi di euro in export, e quello patriottico, se così può dirsi, perché ciò che è eccellenza nazionale non può essere ridotto a scarto da supermercato.

Tra i cugini francesi, i più fortunati sono quelli che vivono nei pressi del confine, che si recano a Ventimiglia per fare la spesa. Invidiati dai connazionali che, magari, abitano in Normandia e sono costretti a mangiare zuppa di cipolle. Anzi, soupe à l’Oignon, che suona meglio.

Se ne duole assai Matteo Salvini, strenue difensore del prodotto italiano e appassionato mangiatore, o Giorgia Meloni, che mantiene una silhouette più istituzionale rispetto al collega ma combatte contro il Nutriscore per motivi ideologici.

Insomma, in tutta questa storia, la favola di Esopo torna alla mente con insistenza: la volpe aveva visto dei grappoli d’uva su un albero, aveva provato ad afferrarli però non c’era riuscita. E allora, ghignando, se n’era andata dicendo che fosse acerba.

Oppure aveva semplicemente il semaforo rosso sull’etichetta.

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