Verba manent: Segre-gati

Da Liliana Segre a Mario Balotelli, dall’aula del Senato ai campi da calcio; è trascorsa una settimana all’insegna della cronaca d’odio e del razzismo, durante la quale si è ritenuto che gli italiani in toto fossero un popolo razzista e che l’Italia fosse tornata ai nefasti del Ventennio.

I cittadini per bene, cioè quelli disciplinati e rispettosi, sono stati segre-gati nel vortice dell’incultura e dell’ignoranza generale. È un male che, quando si racconta delle vergogne commesse dai rami secchi di un albero, si dimentichi delle sue radici, del suo tronco e di tutte le sue componenti che da sempre lo contraddistinguono per rigogliosità. All’onta comune raccontata dalla cronaca, si è aggiunto anche un assessore alla cultura di un comune nella provincia di Brescia, che ha definito negro un animale nell’ambito di un gioco tra amici, ripreso attraverso una videocamera. “Qual è quell’animale grasso che vive in acqua?” “È un negro”. Ecco cosa avviene quando in primis manca una buona componente di materia grigia nel sistema nervoso, ma soprattutto quando non si è consapevoli che, per una sciocchezza, si getta gratuitamente benzina sul fuoco.
È normale, poi, che siamo infastiditi nel momento in cui, in territorio nazionale e all’estero, veniamo etichettati come “arretrati”, “ignoranti” e – definizione che odiamo massimamente – “fascisti”. Eppure non facciamo niente per evitarlo.

In capo a tanta gente giusta e accogliente, aggettivo che non vuol dire pro immigrazione ma puramente apertura d’orizzonti, la spregevolezza di pochi condiziona la reputazione di molti.

Del resto, la cultura è una porta facile da trovare, ma difficile da aprire.

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