Un simbolo e due parole, scritte in tedesco, e un’eco storica che rimanda alla piaga del Novecento, forse ancora calda nelle sue viscere. La scritta Juden Hier e il disegno della stella di David sulle porte delle case significava che lì vivevano ebrei. E andavano emarginati, prima in società e poi in vita, con la deportazione.
A Mondovì, un comune piemontese, sull’abitazione di Aldo Rolfi, figlio di Lidia, sopravvissuta all’Olocausto, sono apparse tali scritte.
Non importa capire, per le finalità che ci proponiamo, se si sia trattato di un atto di mero vandalismo insensibile o di un gesto mirato da parte di neonazisti. Ciò rileva ai fini delle indagini, non vale per noi. Le nostre indagini sono scritte nero su bianco e partono da un assunto innegabile: la cultura dell’odio rovina l’anima delle genti. La società italiana, in nome di una presunta difesa del popolo (chi è il nemico?), si sta sviluppando in termini di chiusure; nega l’accesso – fisico o intellettuale – a uomini e donne d’altre terre, difende se stessa in una gabbia che argina lo sviluppo e si lamenta nel momento in cui gli altri Paesi la sorpassano, perché in vantaggio.
Chiudere per prosperare, dicono. Chiudere per sbriciolare la cultura del vivere civile, diciamo. E ottenere consensi maturati sull’ignoranza.
Mondovì, purtroppo, è un mondo vicino.