Per ottant’anni l’Europa ha creduto di poter dipendere da una presidenza americana stabile e diplomatica. Ha costruito il proprio benessere sull’idea che Washington avrebbe sempre garantito la sicurezza del continente, che la NATO sarebbe stata il suo scudo, che gli Stati Uniti avrebbero mantenuto l’ordine globale. E su questa convinzione ha rinunciato a diventare una potenza autonoma.
Non ha costruito un esercito comune. Non ha adottato una politica estera condivisa. Non ha mai realmente unificato la propria politica fiscale, preferendo la moneta unica senza una strategia economica congiunta. Si è cullata nell’illusione che il mondo fosse prevedibile, che l’ombrello americano fosse eterno.
Oggi si risveglia di colpo. E si accorge di essere sola.
Le parole di Ursula von der Leyen sono la conferma di una realtà che in Europa si è sempre cercato di ignorare: il riarmo non è più un’opzione, ma una necessità. L’Unione Europea deve correre e fare in pochi anni quello che non ha fatto in otto decenni. Perché ora alla Casa Bianca c’è Donald Trump, e Trump non è né stabile né diplomatico.
Le sue intenzioni sono chiare: l’America potrebbe non difendere più i suoi alleati europei. La NATO, sotto la sua amministrazione, sarebbe un’alleanza a pagamento, dove chi non versa abbastanza potrebbe essere lasciato al proprio destino. Uno scenario che fino a pochi anni fa sembrava impensabile, ma che oggi è terribilmente concreto.
E così l’Europa si ritrova a dover costruire in emergenza ciò che avrebbe dovuto pianificare da tempo. A dover ragionare su un esercito comune, su una difesa autonoma, su una strategia politica e militare che non dipenda dall’umore di un presidente americano. A dover superare decenni di inerzia, divisioni e calcoli nazionali che hanno sempre impedito un vero progetto di potenza europea.
Il problema non è solo militare. È culturale, strategico, identitario. Per troppo tempo l’Europa ha pensato di poter essere un gigante economico ma un nano geopolitico. Ha evitato di confrontarsi con il concetto di potere, ha preferito la diplomazia alle scelte dure, la mediazione alle responsabilità. Ora scopre che il mondo non aspetta. Il carro armato green, forse, non funziona.
Trump non ha creato questa crisi. Ma l’ha accelerata. Ha tolto all’Europa l’alibi dell’attesa, il lusso dell’ambiguità. E ora il tempo è scaduto.