Verba manent: l’encomio al Msi, tanto clamore per poco

Ha fatto scalpore la celebrazione da parte di due esponenti di spicco della maggioranza di governo, Isabella Rauti e Ignazio La Russa, rispetto ai 76 anni dalla fondazione del Msi. Ovvero quel partito che, per anni, ha rappresentato la destra, talvolta estrema, in Italia, fino agli anni di Tangentopoli. 

Tanto clamore per poco. Se a sinistra servono argomenti di battaglia politica, siamo d’accordo, si è trattato di un encomio discutibile (nel senso che è stato suscettibile di generare discussione). Il PD è chiamato alla partita delle regionali, Lazio e Lombardia, e in più c’è la corsa alla segreteria nazionale. Comprensibile la gara a chi la fa più grossa sui post di La Russa e Rauti. 

Tuttavia, osservando i messaggi con una lente meno politica e più distaccata, è stato un fatto fine a se stesso. Il Msi, nel bene e nel male della democrazia e della dialettica politica, è sempre stato un partito legittimamente riconosciuto, erede di una tradizione importante, sì con una degenerazione brutale, come il fascismo, ma come partito è stato comunque di storica ragguardevolezza. In più il padre di Isabella, Pino Rauti, ne è stato protagonista, così come il padre di Ignazio La Russa, tra i fondatori del Msi in Sicilia. 

Il gesto, beninteso, si poteva evitare. Soprattutto in virtù del ruolo istituzionale ricoperto da entrambi. Ma sarebbe sbagliato perpetuare la dialettica sorta a seguito di esso; se la politica italiana pensasse di più alla realtà e meno alle lotte ideologiche del giusto/sbagliato rispetto agli anni che furono, probabilmente il dibattito sarebbe meno inquinato e più produttivo. Tanto a sinistra, quanto a destra. 

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