Verba manent: Leila Khaled invitata alla Sapienza è un male per tutti

La Sapienza è una delle migliori università al mondo: in oltre 800 anni di storia, ha avuto docenti illustri come Niccolò Copernico e Aldo Moro, allievi di grande blasone come Giulio Andreotti ed Ettore Majorana. Oggi l’Ateneo conserva la tradizione che porta con sé, essendo riconosciuto come un consesso di ardite menti che formano la futura classe dirigente e culturale del Paese. Dalle simpatie di sinistra mai nascoste, negli ultimi anni la politica è tornata alla ribalta in Università, con il caso delle porte chiuse a Benedetto XVI, il cui invito scatenò contestazioni animatissime, oppure più recenti gli impedimenti a Maurizio Molinari, Daniele Capezzone, David Parenzo. Ideologia politica, antisionismo, presunzione antidemocratica di non voler ascoltare le idee che sono diverse dalle proprie: c’è anche questo nelle aule dell’Ateneo della Sapienza. Casi montati da collettivi studenteschi facinorosi, come quello di ieri sulla Palestina, che ha visto tra gli invitati a un dibattito Leila Khaled, ex terrorista palestinese. 

Nel pomeriggio di ieri, infatti, si è tenuto un convegno organizzato da “Cambiare rotta” e intitolato “Palestina: le radici del genocidio, gli orizzonti della lotta”, nell’edificio Fermi – dunque in una sede non occupata e utilizzabile previa autorizzazione. Tra i relatori invitati, la Khaled, che non vanta un curriculum modello. Membro del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, è stata responsabile del dirottamento di due aerei di linea nel 1969 e nel 1970, nel 2017 tentò di entrare in Italia tuttavia fu respinta a Fiumicino dalle autorità nazionali. Il “Fronte” di cui Khaled è parte è stato inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche dall’Ue e dagli Stati Uniti. Dai filmati apparsi sui canali social del collettivo, non si intravedeva la presenza dell’ex terrorista, ma il punto rimane un altro: per approvare la regolare validità di un convegno, l’Ateneo si avvale anche della locandina che ne determina lo svolgersi; è possibile che sia stato approvato un evento con Leila Khaled eventualmente presente? Forse La Sapienza dovrebbe dare spiegazioni in merito?

Dal burocratico al politico, è una vicenda che dovrebbe dispiacere agli stessi fautori della causa palestinese. Quelli “per bene”, quelli che credono sia giusto che chi nasce a Gaza abbia una identità riconosciuta come chi nasce a Tel Aviv, che non debba soccombere sotto alle bombe o sottostare alle volontà di uno Stato confinante solo in ragione di ciò. Se la causa palestinese continua a venire portata avanti da figure oscure, colluse con un sistema in ombra tra legalità e illegalità, non ci sarà mai una consapevolezza popolare basata su ragioni di buon senso – perché secondo noi tali ragioni sussistono eccome. Tuttavia, etichettare col bollino di terrorismo, rivolta e intifada moderna tutto ciò che invece dovrebbe essere discusso pacificamente e a tavolino, è dannoso e per niente proficuo. 

Visti i tempi che si fanno sempre più bui, e spaventosi, aumenta la necessità di un dialogo tra le parti che sia rispettoso, concreto e razionale. Invitare Leila Khaled, o chi per lei, o qualsiasi esponente anche italiano ideologico sulla vicenda, costringe decine di migliaia di persone innocenti al proprio triste destino. 

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