Verba manent: la morte in strada è l’Acheronte del Ventunesimo secolo

Esiste una strage piuttosto silenziosa, che fa eco nelle notizie dei media solo per poche ore, dopodiché tutto torna nella normalità; silentemente, il genocidio stradale avanza come uno spettro nelle memorie di spettatori coinvolti, passivi, protagonisti innocenti e autori colpevoli. Ogni giorno, in Italia, circa 9 persone perdono la vita in strada. È notizia di pochi giorni il dramma della Valle Aurina e risale a poche settimane fa la tragedia di Gaia e Camilla.

Il progresso ha donato agli uomini più libertà, tanto maggiormente accessibile in termini economici, quanto progressivamente più sviluppata nelle sue forme. C’è chi sostiene che tra non molto tempo nessuno dovrà guidare, perché le automobili saranno pilotate in autonomia. Le industrie meccaniche procedono a piè veloce: modelli improntati al futuro sono lanciati sul mercato e l’elettrico è diventato anche meno esoso.

Tuttavia, se giriamo la medaglia, scopriamo l’Acheronte degli innocenti: un fiume che non cessa di scorrere e traghettare vittime senza pietà. Un Acheronte a quattro corsie, munito di guard rail, magari anche con qualche autovelox piazzato qua e là (forse, però, spento). Eppure, malgrado il progresso, è sempre lo stesso fiume che, nella poesia della Commedia dantesca, trascinava le anime dei morti.

Se le parole restano, come sosteniamo sin dall’inizio della nostra attività settimanale, allora che la nostra voce possa essere un monito: la cultura della civiltà, altresì alla guida, deve arginare l’Acheronte del Ventunesimo secolo.

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