Verba manent: la Meloni si vendica con De Luca, ma era davvero necessario?

Lo scambio di battute tra la premier, Giorgia Meloni, e il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, è già un motivetto ricorrente sui social. Il caloroso, si fa per dire, saluto della Meloni al presidente: “Quella stronza della Meloni”, ricordando il modo in cui De Luca l’aveva appellata lo scorso 16 febbraio di passaggio a Montecitorio, per chiedere lo sblocco dei Fondi di Sviluppo e Coesione. Una trappola perfettamente riuscita dallo staff della premier, che tuttavia non onora i doveri d’istituzionalità che pertengono al presidente del Consiglio di uno Stato, nell’esercizio delle sue funzioni. 

Partiamo svelando quello che, forse, non è propriamente un mistero: era tutto studiato. I video, i lanci social da parte del gruppo di Atreju – i giovani di Giorgia – e i meme ad alto impatto mediatico sulla vicenda. La Meloni arriva e sono già pronte le telecamere che riprendono le prime parole dette da lei. Pochi secondi di “conversazione”, altrettanti di video. E subito virale sul web. Chi cura la comunicazione della leader di FDI, che oggi è anche premier, e lo ricordiamo non perché ve ne sia bisogno, ma perché alcune piccole vendette non è d’uopo concedersele se si ricoprono determinati ruoli, ha fatto centro. Dal canto suo, De Luca, il quale non manca di spirito ironico, ha incassato consapevolmente il colpo, replicando con “benvenuta” e un falso sorriso. 

Il tema centrale della vicenda, però, non è il siparietto ben riuscito. Riguarda il ruolo di responsabilità che deve rivestire un presidente del Consiglio, che deve accantonare il sentimento di vendetta, anche laddove questo possa portare beneficio mediatico, in forza dell’incarico ricevuto. Ciò non significa che l’Italia è destinata ad avere perennemente presidenti parrucconi, accademici, vecchi e algidi; il fatto di avere una premier donna e giovane è di per sé positivo e stimolante, a patto che, a prescindere dal genere e dall’età, non si scada in sceneggiate di poco conto. A maggior ragione dal momento che in quell’occasione la Meloni si era recata a Caivano, cittadina in mano alla criminalità, che il governo ha inteso bonificare. A Caivano c’è la politica, il dramma del Parco Verde, il mancato sviluppo, la camorra che ruba il futuro alle giovani generazioni; oggi c’è un tentativo di riqualificazione, perché finalmente qualcuno ha capito che se non si riparte dai luoghi abbandonati non si va da nessuna parte. E davanti a tutto questo era davvero importante replicare a De Luca, che indubbiamente mesi fa è stato volgarmente colpevole di un aggettivo sbagliato?

Siamo seri, e pensiamo la politica con senso delle istituzioni. Siamo perennemente in campagna elettorale, d’accordo, ma richiediamo anche che chi ci governa e amministra abbia una qualità, tra le varie: vestire un abito quando rappresenta l’Italia e gli italiani, vestirne un altro quando vive la propria vita privata. 

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