La democrazia delle opinioni consente a un magistrato di esprimere pareri politici, purché fuori dall’esercizio delle proprie funzioni, e agli osservatori di commentare quanto accaduto. Nel caso specifico, Marco Patarnello, sostituto procuratore della Cassazione, domenica scorsa ha inviato una lettera destinata a un circolo chiuso di suoi colleghi, la quale invece è stata pubblicata da Il Tempo. Tra le righe, si legge l’ennesima preoccupazione di una classe che troppe volte, da decenni, ha valicato il confine del pacifico rispetto col mondo delle istituzioni. Si parla in tal caso di Giorgia Meloni, la cui azione viene giudicata “molto più pericolosa avendo come obiettivo la riscrittura dell’intera giurisdizione e non semplicemente un salvacondotto”.
All’inizio, la lettera cita anche Berlusconi, laddove secondo il parere di Patarnello è in corso un attacco alla giurisdizione più forte di quello dei tempi del Cavaliere. E ancora, la magistratura sarebbe “divisa”, segnalando così un’apparente debolezza delle toghe a scapito di un’aggressione della maggioranza “compatta e omogenea” in grado di esprimere “enorme forza politica” – al procuratore forse non piacciono i tentativi di riforma della giustizia che il governo sta mettendo in atto? All’ultimo capoverso, un grido d’allarme: “Quindi il pericolo per una magistratura ed una giurisdizione davvero indipendente è altissimo”. Davvero si ravvisa la necessità di una giustizia indipendente, messa in pericolo da un governo rivoluzionario? Non crediamo che sia esattamente così.
La realtà dei fatti è ben diversa. Oltre ai casi notissimi alle cronache, dalle persecuzioni giudiziarie di Berlusconi, passando per i politici nazionali e locali fatti dimettere poi assolti (spesso abbiamo citato Uggetti, ex sindaco di Lodi, dalla carriera devastata), il dato relativo al 45% delle condanne in primo grado finite poi in assoluzione è sintomatico di un sistema malato. Dal 1991 al 2022 le vittime di ingiusta detenzione sono state quasi 31.000, per un costo pubblico di quasi un miliardo di euro e circa trenta milioni all’anno in media. Il sovraffollamento nelle carceri è arrivato al 131% e sono in aumento i suicidi – si teme di arrivare a 100 entro fine anno. La giustizia ha tempi pachidermici, la durata dei processi in Italia è fortemente al di sotto della media europea. Tutto questo per ricordare, per sommi capi, quanto sia sbagliato cercare un 1 vs. 1 tra classe politica e magistratura.
Parole come quelle di Patarnello non fanno altro che inasprire gli animi, benché la sua comunicazione avesse destinazione privata. Siamo rammaricati perché una toga che fa politica oscura il lavoro di tutte le altre che ogni giorno lavorano con alle proprie spalle la scritta “la legge è uguale per tutti”, un enunciato oramai più estetico che rappresentativo. Tra gli oltre novemila magistrati nel nostro sistema, dovrebbe esserci qualcuno onesto che alzi la voce per tutelare sé e i suoi colleghi probi. Le male marce dovrebbero essere espulse dallo stesso albero dove sono appese. Se dovessimo poi rispondere a chi invoca, in maggioranza, le dimissioni di Patarnello, diremmo che non è il caso, stavolta. Il sostituto procuratore sia giudicato (se veramente, alla prova dei fatti, un magistrato sia sottoposto al giudizio reale di un altro) laddove commetta un illecito nell’esercizio delle proprie funzioni. Per quello che dice tra i suoi, che lo dica. Fa bene il governo ad andare avanti nella riforma: semmai dovesse realizzarsi appieno, avremmo un Paese migliore.