L’annuncio che ha sorpreso tutti: Matteo Renzi sarà il nuovo direttore del quotidiano Il Riformista. Senza perdere tempo in troppi giri di parole, preferiamo andare subito al punto: è compatibile la figura di direttore di giornale con quella di parlamentare?
Costituzionalmente non v’è nessuna incompatibilità; Renzi, dal canto suo, ha rivendicato anche alcuni esempi passati, come quello di Sergio Mattarella parlamentare e direttore del Popolo. Non ha ricordato, tuttavia, che nel 1992 quel giornale era il quotidiano della DC, che di lì a breve peraltro sarebbe scomparsa. È parimenti sbagliato che un partito avesse un giornale praticamente in veste ufficiale, ma quantomeno c’era un minimo di coerenza in Mattarella. Quali garanzie di libertà e indipendenza può offrire un senatore, come è il caso di Renzi, quando alla direzione di un giornale?
Sia chiaro: oggi ogni area politica ha i suoi editori e i suoi quotidiani. Forse a sinistra questo meccanismo è meno presente, ma la sostanza rimane tale. Tuttavia, tutti i principali giornali nazionali sono diretti da giornalisti di professione, non certo da politici che giocoforza rappresentano interessi di area.
In un’Italia parallela, dove Renzi rimarrebbe quel genio politico che è, e Il Riformista quel giornale di ispirazione puramente (a volte perfino all’eccesso) garantista che è, Matteo Renzi sarebbe il direttore perfetto. Bersagliato dalla magistratura, naturalmente liberale, centrista con un occhio a sinistra, garantista, atlantista, riformatore prima ancora che riformista.
Siccome, però, è bene ritornare alla realtà, i due ruoli sono moralmente incompatibili. Se Il Riformista non sarà ufficialmente la voce del Terzo Polo, senz’altro sarà la “tribuna di Matteo”, un’area libera dove poter dire la sua strumentalmente alla politica.
È quell’avverbio, strumentalmente, il problema che in pochi nelle scorse ore hanno colto.