Verba manent: immigrazione, alla ricerca del colpevole

Smettiamola di chiamarla “emergenza”. Il fenomeno migratorio, oggi e soprattutto domani, è e sarà un flusso ordinario da gestire, organizzare e concordare. L’Africa, in vent’anni, sarà il continente più popolato al mondo, con gli stessi problemi di oggi (forse anche più) e con sempre più voglia di riscatto e imitazione del “modello occidentale” – se fossero nati in Occidente, probabilmente non sognerebbero lo stesso questo stile di vita. 

Lampedusa, negli ultimi giorni, è tornata al centro della cronaca a causa di migliaia di sbarchi in pochi giorni. E sono tornate le filippiche consuete sui muri, sul blocco navale (irrealizzabile), sui respingimenti e, parimenti, sull’accoglienza indiscriminata. Retorica da mercatino dell’usato. Il tema centrale riguarda l’altro continente, non questo. L’Italia è la frontiera geografica a cui la maggior parte dei flussi accede, diretta verso il continente; l’altro, cioè l’Africa, se sono vere le brevissime considerazioni demografiche e sociali fatte all’inizio, è il punto cruciale su cui riflettere e operare. 

La fascia del Sahel, ancor più del Nordafrica, è il centro della discussione da aprire. Definita “striscia di sangue e terrore” in un articolo di Rivista Africa qualche anno fa, è un calderone in ebollizione composto da Stati in ribellione e con governi militari, controllati da Paesi che in Africa, in modo illiberale, ma pur sempre con lungimiranza strategica, hanno deciso di investire, come la Russia. Mali, Burkina Faso e Niger hanno stretto un’alleanza tra golpisti; il nuovo potere di questi Stati, su ordine dei loro “padroni” orientali, spinge i migranti a partire. Guerra anticonvenzionale, atta a destabilizzare l’ordine interno degli Stati che si vogliono colpire. 

Che la gente sbuffi col governo, è abbastanza inutile. Così come è altrettanto inutile lo scaricabarile della maggioranza (c’eravate prima voi, noi governiamo da poco). Serve l’Europa, sì, e anche tanto. Va riformato Dublino, senza dubbio. Ma serve anche un governo capace di tessere relazioni a lungo termine, coltivando rapporti senza cedere troppi interessi. Prima il blocco navale, poi la passerella di Ursula Von Der Leyen portata a forza a Lampedusa, infine per giunta l’ONU. 

Dopo cosa c’è, presidente Meloni?

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