Martedì il presidente ucraino Zelensky è intervenuto al Parlamento italiano, così come ha fatto altrove. Tra i tanti applausi e la standing ovation, hanno fatto clamore le assenze. A partire da molti ex Cinque Stelle, i quali, confluiti un po’ di qua e un po’ di là, stanno dando gli ultimi indecorosi spettacoli prima che la legislatura finisca.
Bianca Laura Granato, celeberrima senatrice che verrà ricordata come mulier nova della politica italiana negli anni a venire, si è schierata apertamente con Putin e ha annunciato che avrebbe disertato l’aula durante l’intervento di Zelensky.
“Putin sta facendo questa battaglia perché non ha accettato l’agenda globalista. […] A Putin dico: uniamo le forze!” non sono le parole di una giornalista russa di regime, ma quelle pronunciate dalla senatrice Granato in un video. Il globalismo come nemico principale, più pericoloso della guerra. Anzi, motivo scatenante il conflitto.
Anche Gianluigi Paragone e Simone Pillon avevano detto di voler lasciare l’aula durante il discorso del presidente ucraino, così come la deputata di Forza Italia Veronica Giannone, che aveva dichiarato che “iniziative simili portano a una spettacolarizzazione”. Non è forse vero il contrario, onorevole?
Il punto, tuttavia, è ben più ampio delle scaramucce ridicole in seno al Parlamento. Quale credibilità può avere il nostro Paese, laddove starnazzano delle voci fuori dal coro di rappresentanti ciechi, faziosi e a volte ridicoli? Come si pone l’Italia dinanzi al resto della comunità internazionale, quando circolano delle notizie di disertori che argomentano le proprie teorie sulla base del “globalismo”?
Se ci sta bene che all’estero, nei consessi più decisivi e nelle piazze, si sorrida di noi, allora non poniamoci neppure simili problemi. Se tuttavia vogliamo contare qualcosa, dimostrare di avere una classe dirigente adeguata alla statura del premier e alla gravità della situazione mondiale, riflettiamoci su. Non sarà una Granato o qualche altro personaggio in cerca d’autore a rovinare il momento in cui un Paese ascolta un presidente in guerra, ma a lungo andare queste sceneggiate potrebbero farci male.
Caro Domenico, hai perfettamente ragione, ma non credo che siano quegli assenti a minare la nostra credibilità. In tutti i consessi c’è sempre qualcuno che propugna tesi bizzarre (per usare un eufemismo). Meritano solo di essere ignorati. Credo invece che da quella mattinata parlamentare l’Italia abbia acquistato credibilità e autorevolezza perché il discorso di Draghi è stato ancora più duro di quello di Zelensky, senza tentennamenti, senza ambiguità e senza ipocrite equidistanze fra aggressore e aggredito.