La letteratura, che grazie al cielo è stata pubblicata e ci è giunta, è piena di ricordi e memorie tramandati da padre a figlio. Enea, partito da Troia in fiamme, porta sulle spalle suo padre Anchise, vecchio e stanco. Quando l’eroe giungerà sulle rive di Didone, alla quale confiderà le sue peripezie, le racconterà anche i particolari più intimi della sua tristezza una volta appreso della morte di Anchise. Seneca, dal canto suo, nelle “Lettere a Lucilio” ricordava come il suo stato di salute fragile da giovane l’avesse portato più volte vicino al suicidio, ma il pensiero dell’amore paterno l’abbia distolto dal compiere un gesto fatale. Oppure Orazio, che seppur nato da padre umile, si commuoveva scrivendo che malgrado tutto gli sia stata data la possibilità di studiare “alla scuola frequentata dai figli dei più illustri centurioni”.
Con un salto temporale lunghissimo e qualche, con tutta onestà, differenza culturale, l’attualità in tema ci riporta alla questione Renzi babbo, Renzi figlio. Finita agli atti del processo, la lettera intima del padre che rimprovera il proprio figlio per aver sbagliato molte scelte, di natura privata, è una pubblicazione moralmente ingiusta. Ai fini del processo, forse anche evitabile. La letteratura è ricca di esempi struggenti di paternità dolorosa, saggia, consolatoria; resa pubblica però dagli stessi autori, che hanno voluto esternare sponte propria dei sentimenti tanto riservati.
Il caso “moderno” ha una finalità extra giudiziaria, cioè mostrare a tutti, tramite i giornali, che il dolore in casa Renzi c’è, che i compensi lauti dell’Arabia Saudita non escludono le criticità del focolare, che la vita di un uomo sempre al centro dei riflettori è dura e cruda. C’era davvero la necessità di raccontare a tutti i panni sporchi della famiglia? Era così opportuno solleticare il voyeurismo della stampa, dietro la motivazione giudiziaria?
Domande a cui neppure i grandi del passato avrebbero saputo rispondere, perché nell’antichità c’era molto di meno, ma l’onore contava.
Diciamo anche che le macchine del fango esistevano anche nell’antichità, ma forse erano meno efficienti e meno potenti di quelle di oggi.
Caro Antonio, senz’altro. Forse, con una risata, potremmo dire che non esistevano giornalisti ficcanaso?