Lo spettro del coronavirus ha messo a dura prova gli ipocondriaci, sconfitti, e ha fatto nascere ipocondrie anche in individui meno inclini al folclore. L’Italia è un Paese di tifosi: basta una scintilla per generare discussioni in merito a come spegnere un incendio di portata globale. Come se, paradossalmente, tutto il mondo prendesse fuoco. È la tendenza, piuttosto provinciale a dire il vero, a ricercare sempre un nemico sul quale scaricare le paure che non riusciamo a gestire. Basta un passaparola per trasformare la paura in psicosi; tra politici che sfruttano l’epidemia per fare propaganda e cittadini che assumono atteggiamenti disgustosi verso uomini e donne asiatici immotivatamente ritenuti malati, il problema non è più il virus, ma il modo in cui gli italiani lo stanno affrontando.
Tuttavia, contro il popolo delle mascherine qualcuno ha avuto un’idea per combattere l’ansia da cinese: lanciare l’hashtag #AbbracciaUnCinese.
Dal nostro canto, riteniamo che la solidarietà verso gli incolpevoli si esprima con delle serie campagne di informazione sulla vera portata del virus in Italia (ormai isolato) e sull’operato dei nostri medici. Tutto il resto rasenta il ridicolo. Noi non abbracciamo nessuno, sennonché chi davvero contribuisce a liberare la società dalla corona della morbosa paura. Una corona non d’alloro, ma di spine.