Verba manent: ciò che resta del caso Boccia

Fonte immagine: profilo Instagram Maria Rosaria Boccia

Dicono che il caso Boccia, dopo le dimissioni del ministro Sangiuliano, si sia chiuso. Scandalo, dimissioni, opposizioni felici, governo costretto alla retromarcia. A ben vedere, a meno che la macchia non si dilati e fuoriescano ulteriori notizie riguardanti altri esponenti della maggioranza, l’affaire sembrerebbe finito. La verità è che la politica italiana, per il solo fatto di essere particolarmente caritatevole verso figure tra il serio e il faceto all’apice delle istituzioni, del “Boccismo” non si libererà mai. Anzi, esperienze simili potrebbero portarsi dietro sempre più casi che prevedano lo stesso, semplicissimo, modus operandi. 

Ciò perché l’uomo, inteso come genere, è debole per sentimenti verso la donna. E quando costui ricopre per di più una posizione di vertice, crede di poter far valere il proprio potere per sedurre. Ma non sa che aumenta soltanto il rischio di essere sedotto – e abbandonato, moglie inclusa. Il caso è stato molto elementare: da una conoscenza è nata una relazione, dalla relazione sarebbe nata una promessa di incarico, mai concretamente esaudita perché forse qualcuno aveva saputo, dalla mancata promessa è nata una ripicca. È un caso da film, di quelli anche piuttosto scontati. Con la sostanziale differenza che la scena è stata girata in un Ministero, con un evento internazionale alle porte (il G7 Cultura a Napoli e Pompei) e dei documenti giocoforza segreti probabilmente lasciati girare un po’ troppo. 

Qui cade l’uomo, che crede che il privato sia ovunque, mentre il lavoro, al servizio del Paese, se qualcuno l’avesse dimenticato, resti in secondo piano. È tutto il contrario, giacché il privato in questi casi invade prepotentemente il lavoro e diventa zimbello agli occhi del mondo – perfino il Telegraph non ha risparmiato parole velenose in un titolo. 

Gli anti perbenisti diranno: il mondo ha sempre funzionato così. E noi gli diamo finanche ragione, perché in America il gossip non ha risparmiato Bill Clinton con Monica Lewinsky, o il caso di Arnold Schwarzenegger, quand’era governatore in California. Nessuno può dimenticare in Italia il piacere che Silvio Berlusconi provava per il sesso femminile (qualcuno invece ha forse dimenticato Nicole Minetti consigliera regionale in Lombardia). E gli esempi potrebbero proseguire. Per questo siamo convinti che del “Boccismo” non ci libereremo. Cambierà nome, a seconda del cognome di chi porterà alla luce la prossima debolezza dell’uomo. 

Ciò che manca agli uomini di Stato (solo ad alcuni, s’intende) non è solo un’affinità a cadenza regolare con l’altro sesso, che se ci fosse forse eviterebbe di cadere nella prima trappola sentimentale che sopraggiunge, ma anche un bel po’ di cultura istituzionale. Che porta a riflettere prima di fare qualunque cosa, che fa domandare: “Cos’è più importante?”

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