La matrice dell’attacco alla Cgil di Roma, sostiene Giorgia Meloni, è ignota. O meglio, lei non sa quale sia. Eppure non sembra difficile capire quale ideologia si celi dietro a un gruppo misto formato da naziskin per volontà (e non per calvizie), magliette nere, braccia tese e cori non proprio da marcia della pace. L’eterogeneità che vede la Meloni noi non riusciamo a comprenderla. Sarà un nostro limite, senza dubbio, ma in quel contesto osserviamo soltanto comportamenti fascisti.
La matrice, per l’appunto, è il fascismo. Un fascismo tuttavia “moderno”, interpretato a piacimento, privo della repressione che i fascisti applicavano a chi provasse a uscire dagli schemi del regime. Vi immaginate un no-vax o un no Green Pass ribellarsi sostenendo strampalate teorie sotto Mussolini? Avrebbe ricevuto tutta la libertà di manifestazione del pensiero che oggi gli è riservata?
Facile fare i fascisti nel Ventunesimo secolo, celandosi talvolta dietro alla destra istituzionale per emergere, talaltra dietro alle proprie formazioni – incostituzionali – di riferimento.
La destra di oggi, dal canto suo, non è affatto restauratrice, o vuole riportare in auge il Ventennio. E chi sostiene questo sbaglia o, quantomeno, vuole mischiare gli argomenti nel dibattito. Il punto, però, riguarda alcuni atteggiamenti che i suoi leader manifestano: raramente si legge una presa di posizione netta sul tema. Certamente, Meloni e Salvini non dovrebbero ripetere ogni giorno di essere antifascisti; basterebbe una volta, ma buona. Invece troppo spesso fanno l’occhiolino agli estremisti, senza condividerne direttamente le opere, per carità, ma senza neppure condannarli in toto.
Servivano inchieste, vandalismo di piazza e un assalto al principale sindacato nazionale per cavar di bocca parole di condanna da parte di Salvini e Meloni. Meno ambiguità, finalmente. Solo negli ultimi giorni sono arrivati accenni di critica. Li attendevamo prima, ma fa niente. L’importante è che non cambino idea.