Verba manent: aumentare gli stipendi dei ministri non sarebbe stato un male

Sarà approvata la finanziaria senza l’aumento degli stipendi dei ministri. È stata una decisione che ha fatto molto, troppo discutere, e il governo è stato costretto a fare marcia indietro. I costi della politica in Italia sono comunque alti: parlamento, governo e ministeri costano circa 4 miliardi all’anno. È una cifra totalmente ingiustificata? Rispondere generalizzando in maniera affermativa o negativa sarebbe sbagliato e populistico.

In tempi di crisi, la politica deve rispondere all’elettorato e agli italiani con manovre di sicurezza e stabilità, che non lascino fraintendere un abuso della propria posizione a scapito delle tasche dei cittadini. Questo è un principio che nell’ambito del buon governo è sempreverde. Tuttavia, affinché la macchina statale funzioni, servono dei soldi. Che un parlamentare abbia uno stipendio elevato, è un fatto giusto. Purché magari il suo lavoro venga non solo rendicontato, ma anche valutato annualmente sulla base di alcuni criteri, come la presenza in aula, l’attività parlamentare, le interrogazioni fatte, le proposte presentate. C’è però tutta una serie di tecnici, operatori (compreso un barbiere all’interno della Camera dei Deputati) che rappresenta un insieme di benefits a volte eccessivo. E queste maestranze sono indubbiamente privilegiate rispetto ai loro rispettivi che lavorano in maniera autonoma. Sono dunque aspetti come questi, e non l’equiparazione dello stipendio di ministri e parlamentari, a dover indignare la collettività.  

A ben vedere, che senso ha un sistema in cui un ministro guadagna assai meno dei suoi principali collaboratori? I ministeri, perfino quelli più delicati come Esteri e Difesa, sono in coda alle classifiche di retribuzioni, pur ricoprendo posizioni di più ampia responsabilità anche a livello internazionale. Il governo, molto più del parlamento, rappresenta lo Stato italiano all’estero. Ribaltiamo dunque la prospettiva: perché non adeguare allora gli stipendi dei parlamentari a quelli dei ministri? Facciamo così un’inversione di rotta, e vediamo se l’intero arco parlamentare si sollevi in protesta e capisca che incarichi più delicati dei propri vengono pagati a volte molto meno. 

La politica a tempo pieno, posto che non debba essere un lavoro, ma a tempo pieno significa esclusivamente dedicarsi nel proprio mandato al bene comune, è un’occupazione fortemente impegnativa. Checché si dica, al netto di alcune minoranze scaldapoltrona, chi fa politica seriamente opera in maniera stancante. Viene pagato, sì, ma a volte anche poco. Gli ultimi dieci anni, con l’ascesa del populismo e degli slogan anti casta, hanno raso al suolo un sistema ideologico che non era poi così sbagliato. Poteva essere corretto, senza essere abbattuto. Ma gli elettori scelgono, quando scelgono hanno sempre ragione. I risultati però si valutano nel tempo che viene. 

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