Verba manent: Alfonso il censore

Durante la prima serata di lunedì al GF Vip, Giucas Casella è vittima di uno scherzo, uno di quelli più alti culturalmente nella storia d’Italia: gli viene fatto credere che la sua cagnolina sia incinta. Così egli, dinnanzi alla probabilità che la sua dimora potesse diventare un allevamento, afferma che “potrebbe anche abortire”. Putiferio. Alfonso Signorini non perde l’occasione per dichiarare che “noi siamo contrari all’aborto”. Noi chi, esattamente?

A primo impatto, quel plurale maiestatis potrebbe sottintendere la linea editoriale della società di produzione del programma. Che, però, si è dissociata appieno dalle affermazioni del conduttore. Resta quindi il dubbio, caro Alfonso il censore: voi chi? Perché è noto che utilizzare il plurale, davanti a una platea vasta, rafforza una tesi che in realtà è soltanto propria. Sarebbe bastato dirlo, tuttavia: “Giucas, io credo che l’aborto sia un crimine”; così facendo, Alfonso avrebbe dimostrato coraggio nell’affrontare un tema tanto delicato in un programma tanto popolare difendendo una sua teoria. Invece no, si è protetto dietro lo scudo del plurale. 

Anche perché l’aborto è un diritto delle donne, che sono le uniche padrone della loro vita, delle loro scelte, ivi compresa quella di portare con sé un’altra creatura. Regolamentato, circoscritto nei suoi confini leciti e nei suoi risvolti illeciti, l’aborto è una volontà della donna. 

Le scorse quattro righe, ad esempio, sono la trasposizione scritta del pensiero di chi scrive. Senza nessun plurale, senza nessuno scudo. Senza la volontà di voler vestire i panni del censore. La libertà di espressione si fonda anche sul coraggio. 

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