Nomi bruciati, nomi candidati, veti, intrighi, riunioni lampo. La partita del Quirinale è tristemente intricata di politica. Nel senso più basso, e italiano, del termine.
Gli italiani non sanno chi sarà il garante della loro costituzione; leggono sui giornali cognomi improbabili, da magistrati a politici, sentono votare personaggi incredibili, da conduttori radiofonici a uomini del mondo della tv di bassa qualità intellettuale. La confusione, insieme con il disinteresse verso la classe politica, aumenta.
Enrico Letta, due giorni fa, all’ennesima fumata nera, aveva perfino dichiarato che si sarebbero chiusi tutti in una stanza e avrebbero buttato la chiave. Populismo dialettico utile solo per produrre fiumi di carta stampata: è davvero necessario chiudersi in stanza e parlare dopo 7 anni e una maggioranza di larghe intese al governo?
Semmai, occorrerebbe farlo per discutere di cosa accade al di là del colle. È notizia dell’ultim’ora che gli USA abbiano informato la comunità internazionale circa una possibile invasione russa in Ucraina entro la metà di febbraio. Da giorni l’Inghilterra e gli Stati Uniti hanno richiamato le famiglie degli ambasciatori in Ucraina. L’imperialismo che viene da Est, incluso il rapporto Cina-Taiwan, mina la durata della pace tra gli Stati.
Il nuovo presidente dovrà essere un punto fermo di equilibrio internazionale, ma, prima di eleggerlo, l’Italia deve capire cosa sta succedendo. E non dimenticarsi che ciò che accade fuori di noi è parte della vita di tutti. Il benessere e la globalizzazione ci hanno resi smemorati: l’abitudine a tutto va bene finché ci sono le basi per averla. Quando il contesto cambia, gli italiani aprono gli occhi. Sempre troppo tardi.