La sede della Casa dei Cavalieri di Rodi, sede dell’Associazione dei Cavalieri Italiani del Sovrano Ordine Militare Ordine di Malta, in piazza del Grillo a Roma, ha ospitato ieri la presentazione del libro “La carità del Papa. Un peculiare linguaggio pontifico”, pubblicato da Editoriale Romani e scritto a quattro mani dal Mons. Stefano Sanchirico,sacerdote dal 1992, Ufficiale dell’Archivio Apostolico Vaticano, già Cerimoniere Pontificio e Prelato Chierico della Camera Apostolica e da Andrea Gagliarducci, vaticanista, giornalista di EWTN e ACI Stampa. Il dialogo tra i due Autori, dinanzi ad una platea selezionata e visibilmente coinvolta, veniva moderato dal giornalista Fabio Bolzetta. Una scelta significativa, quella di questo luogo, per presentare un libro che parla di “carità”, dal momento che l’Ordine di Malta è un’istituzione che ha come missione tradizionale da nove secoli proprio l’assistenza, medica, sociale e umanitaria, nel mondo.
Il volumetto è stato immaginato in continuità con un precedente saggio dei due autori, “Linguaggi pontifici. Storia e protocollo della più antica istituzione del mondo”, che spiegava lo scopo dei cerimoniali e protocolli del Vaticano come una forma di comunicazione sostanziale, il cui obiettivo è quello di dare sostanza ad un incontro. Non “meri orpelli” o “somma di gesti vuoti”, ma espressione di una lingua complessa fatta di gesti, movimenti e ambienti, capaci di rivelare la ragione stessa dell’esistere e dell’operare della Santa Sede e di facilitare le relazioni della diplomazia.
Il nuovo libro, che con il primo condivide il metodo di scrittura agile e privo di note, supportato piuttosto da un’efficace appendice fotografica, di sole 92 pagine, sceglie ad oggetto un particolare linguaggio pontificio, quello della carità papale: un complesso meccanismo di messaggi che da sempre accompagna l’agire caritatevole della Chiesa di Roma e del Romano Pontefice. La carità, virtù cattolica essenziale, rappresenta per gli Autori un importante linguaggio pontificio a sé, che riveste un interesse religioso, culturale e storico.
Il saggio tuttavia non intende restituire la storia della carità a Roma, che pure ha radici antichissime, ma dimostrare come l’esercizio della carità papale nei secoli abbia prodotto un esito di riti, cerimonie e linguaggi che acquistano senso oggi in una direzione precisa: il reiterato e mai superfluo dispiegamento della Verità cristiana e cattolica. Servono tuttavia, all’obiettivo, alcuni passaggi di storia sull’evoluzione dell’esercizio della assistenza del Papa, volta non solo alla soddisfazione di bisogni primari, ma anche alla difesa della dignità e della moralità delle persone. Viene descritta quindi nelle prime pagine del volumetto la sua struttura fin dagli inizi capillare, articolata in diversi organismi preposti, riti e celebrazioni: diaconi regionali, collette, matricole dei poveri, distribuzioni mensili e quotidiane, gratifiche a membri del clero e officiali del palazzo lateranense, anche se non necessarie ma nello spirito di un afflato fraterno, diaconie del VII secolo fino ad arrivare alle attuali diaconie cardinalizie. Fino al surplus di burocratizzazione, forse, nel passaggio dall’Elemosineria apostolica all’odierno Dicastero della Carità per quanto riguarda la carità diretta del Papa.
Quello che al giornalista Andrea Gagliarducci preme soprattutto evidenziare è come il meraviglioso simbolismo sotteso ad ogni rito – paramenti tipici come il succintori, cerimonie della Settimana Santa soprattutto e del Giovedì Santo, mense, tavole e ‘doti, fino alla “carezza del Papa” con il Circolo di San Pietro –, in questo caso legato alle elargizioni papali, ma più in generale per quanto riguarda tutti i linguaggi pontifici, sia essenziale per un racconto obiettivo e corretto, quale deve essere quello giornalistico, dell’operato della Chiesa. Una lingua nella lingua da cui non si può prescindere, che consente di accede alla dimensione storica profonda e radicata di una Istituzione millenaria come la Santa Sede e in ultima analisi ne disvela le ragioni più profonde del suo agire.
Mentre a voler rendere semplicemente, che non significa semplificare, il senso del suo libro, Mons. Sanchirico, lo individua nel suo contributo a rendere intellegibile una grammatica, fatta di regole come ogni grammatica, che serve a leggere correttamente una realtà. Una grammatica che permetta di comprendere le dinamiche più profonde dell’agire della Santa Sede. In altre parole, i Papi, tutti i Papi, nei secoli, coadiuvati dai loro maestri di cerimonia, hanno trasmesso e tuttora trasmettono un’idealità, un modello ai cristiani anche per il loro agire nel mondo. Un liturgia-grammatica che infatti rivela due pilastri fondamentali sottesi all’agire caritatevole: la caducità dell’essere umano e la necessità del dono all’altro da parte di chi ha. Così, l’atteggiamento compassionevole si mostra al mondo come liturgia e in questo senso è l’importanza ancora attuale, non superata, del cerimoniale papale, anche nelle sue forme più sfarzose: la centralità di Dio e la caducità dell’Uomo, del Papa stesso anch’egli mortale. E quindi, essere invitati a sedersi a quelle tavole dei pellegrini, a quelle mense per i poveri, beneficiare del servizio d’onore del Papa e della sua accoglienza, significa, in definitiva, essere invitati a condividere non solo il pane materiale, ma il pane di vita eterna.