La corsa alla conquista dell’Ucraina non si ferma e si pensa sia destinata all’incirca – a metà febbraio – ad essere invasa dalla Russia. Un chiaro segnale Putin lo sta dando da svariati mesi schierando migliaia di soldati ai confini del paese, anche se la giustificazione continua ad essere quella dell’esercitazione. Si potrebbe definire, come dice Dottor Pietro Batacchi esperto di questioni militari, un esercizio di diplomazia coercitiva?
Ebbene si potrebbe dire così: non è da poco che Mosca stia rivendicando il suo territorio di influenza – per quanto possibile – nelle vicinanze del vecchio continente.
Dunque, avrebbe tutte le carte in regola per conquistare e sottomettere un’altra fetta del territorio ucraino allargando la sua area di influenza (cuscinetto) rappresentata da Donbass (bacino del Donetsk) controllata dalle forze separatiste.
Kiev, dal canto suo, ha sempre ambito alla NATO e di certo i paesi occidentali membri non si sono fatti sfuggire questa occasione. Cosa che ha fatto molto indispettire Putin… Dal 2014 Kiev ha ricevuto il supporto degli Stati Uniti d’America, che rifornisce le forze ucraine di armi letali come i missili anticarro. Anche gli altri paesi occidentali riforniscono l’Ucraina di armi militari, ma oltre non possono spingersi. In un certo senso, non vogliono più di tanto intromettersi in questioni territoriali che sanno potrebbero causare divergenze diplomatiche. Sanno anche che, dopo il 2014, l’Ucraina ha acquisito più consapevolezza della forza russa. Questo atteggiamento di diplomazia e non altro da parte dell’Occidente, è ben inquadrato dalla modalità tedesca di affrontare la questione. Come detto negli articoli precedenti, Berlino dipende in maniera molto forte dalla Russia per le forniture di gas, soprattutto dopo aver sottoscritto un accordo per la costruzione del North Stream 2.
Questione gasdotto
La domanda che ci poniamo tutti è: se la Russia chiude definitivamente la linea di gas? Beh signori, il rischio è concreto in caso di un’escalation tra Russia e Ucraina: più del 40% del gas proviene dalla Russia e se dovesse chiudere i rubinetti, il vecchio continente deve tenersi pronto ad attingere alla risorsa da altri. E chi meglio del Qatar?!
Nella cartina sono evidenziati in rosso gli attuali rifornimenti di gas verso l’Europa. Nelle ultime settimane i flussi si sono già ridotti, soprattutto i gasdotti che attraversano l’Ucraina (Brotherhood e Soyuz). Mentre dal gasdotto di Yamal, che attraversa Bielorussia e Polonia, non ci sarebbero più forniture provocando un’inversione del flusso.
Il blocco delle forniture di gas, però, non è doloroso solo per l’Europa ma anche per la Russia stessa. Ad oggi, l’Ue rappresenta per Mosca il compratore più fedele del gas esportando – non contando quello proveniente dalla Turchia – il 67% della risorsa. Petrolio e gas rappresentano per l’economia russa la cosa più importante anche se, dal punto di vista dell’Ue, Mosca si trova solo al quinto posto come partner commerciale, dietro Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi.
L’intervento della Turchia.
Ginevra, 21 gennaio 2022. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il cui Paese è membro della NATO, si offre come mediatore tra Russia e Ucraina. Anch’egli ha trovato “inaccettabili” alcune richieste di Putin rispetto a Kiev, augurandosi che non venga portato avanti alcun attacco militare da entrambi i paesi. Un’occasione questa per il presidente turco di rimettersi in gioco nello scenario mondiale, dato che era caduto un po’ nel limbo. Ha dichiarato la sua intenzione di recarsi dapprima in Ucraina il 3 febbraio e poi avere colloqui con il Presidente Putin ad Istanbul, che ha accettato molto volentieri.
La Turchia, perciò, si trova a dover schierarsi: da un lato c’è l’Ucraina, con cui ha fatto affari vendendo i suoi droni Bayraktar TB-2; dall’altro c’è la Russia con cui ha sviluppato la prima centrale nucleare Akkuyu 1, in funzione nel 2023 mentre l’intero impianto dovrebbe essere completato entro il 2026, quando potrebbe fornire circa 27,5 TWh all’anno, pari a circa il 9% dell’energia elettrica del Paese. La Turchia ha chiesto alla Russia di costruire altre due centrali nucleari e in questo modo potrebbe raggiungere l’obiettivo dell’indipendenza economica ed il benessere della nazione turca, che ad oggi si trova in grave crisi finanziaria.
Dunque, cosa dovremmo aspettarci da questi incontri? Innanzitutto, Erdoğan ha precisato che la Turchia manterrà fede agli accordi con la NATO: «Il nostro desiderio è trovare una soluzione alla crisi attraverso dialogo e diplomazia. Continuiamo a credere che sia possibile». Gli USA tendono ancora di trovare una forma di dialogo con la Russia che si ostina a voler convincere l’avversario occidentale a non accogliere l’Ucraina nella NATO. Il presidente francese Macron ha avuto una chiacchierata con Putin a telefono mentre Biden tenta di convincere la Cina a destare la Russia da questa offensiva. In più, c’è la notizia tanto attesa in questi giorni: il cancelliere Scholtz sarà ospite di Biden il 7 febbraio per approndire la questione delle sanzioni (nessuno stop!) contro il gasdotto North Stream 2 tanto voluto dalla Merkel, mentre dal 31 gennaio ’22 è giunto a Washington l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, per assicurarsi una collaborazione per la fornitura energetica in Europa.