Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, gli Stati Uniti rinnovano il loro impegno verso l’agenda “America First”. Le prime mosse del presidente sono chiare: un ritiro dalle grandi sfide globali per concentrare le energie sul rafforzamento della nazione e sui suoi interessi immediati. Questo cambiamento di rotta, per quanto coerente con il pensiero trumpiano, ha implicazioni profonde per il mondo e per l’Europa in particolare.
Il ritiro dall’OMS e dall’Accordo di Parigi è emblematico. Trump vede queste organizzazioni come un peso, piuttosto che un’opportunità per guidare la comunità internazionale. Il messaggio è forte: gli Stati Uniti vogliono liberarsi di ogni vincolo che possa rallentarne la crescita o mettere in discussione la loro sovranità. Tuttavia, questo approccio rischia di indebolire il coordinamento globale su temi vitali come la salute e il cambiamento climatico, lasciando spazio ad altre potenze, Cina in primis, di colmare il vuoto.
Le scelte interne non sono meno dirompenti. La grazia concessa ai rivoltosi del 6 gennaio manda un segnale controverso: Trump non solo legittima una pagina buia della democrazia americana, ma rafforza la sua narrativa di lotta contro un sistema percepito come ostile. L’abolizione dello ius soli e la reintroduzione della pena di morte federale completano un quadro che riflette una visione dell’America centrata sulla sicurezza, sull’identità nazionale e sul rigore delle regole.
In questo contesto, l’Europa non può rimanere passiva. Come ha sottolineato Ursula von der Leyen, l’UE deve rafforzare la propria capacità di agire come attore globale. Le scelte di Trump impongono all’Europa di abbandonare la dipendenza dagli Stati Uniti e di diventare un pilastro di stabilità e progresso. Questo significa investire nella transizione ecologica, rafforzare il multilateralismo e promuovere politiche comuni per difesa e innovazione. È fondamentale che l’Europa dimostri coesione e determinazione, soprattutto di fronte a un mondo sempre più frammentato e polarizzato.
Il rischio di divisioni interne è evidente. Alcuni Stati membri potrebbero essere tentati da accordi bilaterali con Washington per ottenere vantaggi immediati, ma questa strategia avrebbe un costo altissimo sul medio e lungo termine. Solo un’Europa forte e unita può rispondere con efficacia alle sfide poste da una politica americana sempre più improntata all’isolazionismo e al nazionalismo.
Il momento richiede una leadership visionaria. L’UE deve accelerare sulla strada dell’autonomia strategica, sviluppando una politica estera comune capace di difendere i propri interessi e promuovere i propri valori. Questo significa investire in settori cruciali come la tecnologia, l’energia sostenibile e la difesa, riducendo la dipendenza da attori esterni.
L’”America First” di Trump offre all’Europa un’occasione per riaffermarsi come forza di stabilità e progresso. Ma questa opportunità può essere colta solo se i Paesi membri metteranno da parte egoismi nazionali e lavoreranno insieme per costruire un futuro comune. L’Unione Europea ha il potenziale per essere un faro in un mondo in crisi, ma deve agire ora, con coraggio e determinazione.