Su Instagram lo seguono 1500 followers, su Spotify 675 utenti ma gli ascoltatori di questo mese sono più di 30.000 e il brano con PVTRA, prodotto da Ayellow e Luppolo Dischi, ha avuto più di 320.000 ascolti. Parliamo di e con Matteo Catalano, in arte L.E.D., che viene ascoltato più a Milano nonostante la sua scena sia quella del Pigneto. Una scena che lo ha visto conquistare anche il Velvet Pub dove ha recentemente cantato insieme ad un pubblico che conosceva i suoi testi a memoria. 1. C’è sempre un momento prima; prima di un bacio, prima di un tramonto, prima di una caduta e anche il momento prima del successo. Molti artisti lo inseguono e una volta raggiunto si dimenticano di quel “prima”. Dei 300k di Allergia non ti interessa ma hai voluto sottolineare che la cosa più importante era provare a rimanere anche solo dieci secondi nella testa della gente che ti ha sentito cantare. Cos’è per te il successo e quale pensi sia il tuo momento prima?
«Credo che il momento prima sia molto difficile da individuare specie perché ad oggi il successo può anche arrivare dopo solo un pezzo. Dopo il concerto al Velvet ho capito che qualcosa era cambiato ma ciò che mi sento di chiedere al destino è che il successo arrivi piano perché voglio godermi ogni tappa di questo viaggio. Stare sul palco con mio fratello è già una grande soddisfazione: posso dire di essere partito dal nulla e ogni cosa che arriverà sarà ben accetta». 2. Il 30 aprile 2019 cantavi una cover di “Cosa mi manchi a fare”, un mainstream, un pezzo oggi inno dell’Indie, che dal 2015 (anno di uscita della celebre canzone di Calcutta) ha visto spopolare il genere portandolo addirittura a Sanremo dove oggi è una presenza fissa. Le tue canzoni riprendono molte delle tematiche degli artisti indie riportandolo però a quello che Rolling Stone nel 2018 chiedeva, ovvero l’indie italiano da sfigati che ci manca. Anche tu ti annoiavi alle feste e alle cene oppure ti senti più legato ad un’altra tradizione musicale?
«Credo che oggi sia difficile “etichettare” qualcuno come “indie”; io non mi identifico perché non ne ho bisogno. Quando scrivo le mie canzoni non mi chiedo se sto uscendo fuori dai limiti di qualche genere perché per me è importante il momento in cui scrivo il testo. Sicuramente sono più indie che pop perché le canzoni pop non riesco neanche ad ascoltarle. Nelle canzoni che scrivo invece ci sono tutte delle microstorie e nessuna farfalla nello stomaco e comunque sì, mi annoiavo alle feste. Tengo molto a questo discorso perché oggi sento molti dibattiti sui generi ma in realtà ci sono delle nette distinzioni proprio nella scrittura delle canzoni».3. L.E.D., te l’avranno fatta anche alle comunioni questa domanda ma dove ti vedi tra cinque anni? La scena romana ha regalato ad artisti con background artistici simili al tuo dei successi inaspettati portandoli a scalare le vette delle classifiche, a fare tour internazionali e partecipare ai festival più importanti: tu ti vedi più tra Trastevere e Pigneto o più tra New York e L.A.?
«Onestamente a metà. Spero di fare le stesse cose che faccio oggi ma con più gente ai miei concerti. Quando vedi qualcuno che canta le tue canzoni, quello è il massimo di gratitudine per un artista. Il mio obbiettivo tra cinque anni è di cantare ad un palazzetto, magari con mio fratello accanto. Nei concerti credo che tu debba essere responsabile di offrire qualcosa di valido alle persone presenti. A breve arriverà un nuovo pezzo molto personale – e molto triste – e ci aspetta un bel live che sarebbe veramente incredibile fare».