“Più Libri Più Liberi” – Fiera della media e piccola editoria di Roma, ha presentato molti eventi e case editrici che hanno seguito una visione Green ed Ecosostenibile, legandosi al tema cardine dell’evento: la libertà.
La stessa che ci porta ad aprire gli occhi ed essere rispettosi di quelli che sono i luoghi che, non solo portiamo dentro di noi come esperienze, ma che costituiscono allo stesso tempo l’ambiente naturale ed umano di coloro che li abitano e circondano.
Girando per la fiera ho notato quanto gli addetti ai lavori si siano impegnati nel proporre al pubblico l’uso di shopper in tessuto o buste di carta riciclata al posto di quelle in plastica; le nuove proposte di libri fatti con carta riciclata, ma anche l’attenzione dello staff della Nuvola nei servizi di ristorazione.
Tutto questo si è unito alla presentazione di nuovi libri sul tema ambientale, i quali hanno lo scopo di farci ragionare, sia sulla questione della salvaguardia dell’ambiente, sia sulla direzione che può assumere il nostro impatto con esso: non deve per forza avere un’accezione negativa la nostra presenza sul pianeta, tuttavia, questa ha bisogno di essere educata, in modo da insegnargli ad introdursi nei meccanismi che riguardano la struttura del nostro ecosistema.
“Filosofia tra i Ghiacci” di Matteo Oreggioni, è un libro che ci rimanda alla realtà inesorabile del cambiamento climatico, tramite la metafora della scalata in montagna per arrivare su un ghiacciaio; lasciando aperta l’interpretazione sul fatto che, seppur tendiamo a tenerci distanti, la natura, in ogni modo, ritorna sempre nei nostri atteggiamenti e resta una delle migliori similitudini a cui appellarsi per arrivare alla piena comprensione di noi stessi.
“Mentre si sale si fa esperienza, vissuta e pensata dei propri limiti fisici, delle proprie capacità, del proprio allenamento. Questa attenzione nei confronti della nostra fisicità, ma anche nella nostra finitudine, ci porta un atteggiamento amicale nei confronti di un evento come il ghiacciaio e ci si predispone all’ascolto, diventiamo più empatici, recettivi nei confronti della sofferenza a cui rimanda il movimento di sottrazione del ghiacciaio e ciò è in grado di affinare i nostri sensi nella comprensione dell’interpretazione simbolica dall’evento stesso, come è possibile, come è stato possibile arrivare a questo punto? ”
Perché è questo che noi umani siamo portati a fare: pensare, provare a connetterci con l’ambiente che ci circonda per capire quali possano essere soluzioni utili per ridurre questi cambiamenti, queste ferite gratuite che, alle volte, dimentichiamo di sparpagliare per strada come fossero cicche di sigarette. Dovremmo tener conto (e a mente) che il riscaldamento globale rappresenta una problematica a cui non possiamo essere indifferenti, che non possiamo tentennare alla cieca quando ricerchiamo una soluzione.
Una possibile soluzione potrebbe essere il vedere l’aumento di popolazione, non come un problema, ma come una possibilità di trovare nuove menti che in futuro possano avere le risposte di cui abbiamo bisogno, come propone Stefano Mancuso durante la presentazione del suo libro “Il mondo salvato dagli alberi”, il quale non propone una visione pessimistica dell’umanità futura, anzi: una specie giovane potrebbe rappresentare un’altra sfumatura della lotta al cambiamento climatico. Ma come?
Dovremmo accettare di essere spinti naturalmente verso l’apprendere dalla natura, in quanto nostra origine e comprendere come entrare in relazione con il cambiamento che essa ha subito in primis negli ultimi anni.
Negli ultimi anni si è iniziato a prendere più coscienza del problema, ma sono ancora tante le ambiguità all’interno del mondo dell’ecologismo; ambiguità che ne impediscono il progresso, come viene spiegato nel libro di Roberto Della Seta “Ecologista chi?”, il quale ci invita ad una rivoluzione culturale, ponendo il pensiero ecologico in unione a proposte politiche poste come fondamento per riuscire a ridurre i danni che si sono fatti.
Si cerca di mistificare tutte le ambiguità che sono presenti attraverso una proposta di idee che possano portare benefici economici e sociali: come l’uso della tecnologia per modernizzare le tecniche di lavoro e velocizzare i processi di comprensione dei dati, per avere strumenti sempre più performanti che aiutino il lavoro degli esperti, per aumentare i posti di lavoro e, infine, supportare tutti gli enti e aziende che si battono per la salvaguardia dell’ambiente.
La tecnologia può essere importante anche dal punto di vista divulgativo, grazie ad una varietà di linguaggi. E la Fiera ci tiene a sottolinearlo. Nell’ultimo periodo si sta avendo un grande riscontro in tutte le classi di età, soprattutto per quanto riguarda i bambini e i ragazzi, grazie a molti libri, documentari e giochi a tema eco-sostenibili come “Zesty – the slow game” ideato da Davide Masato, Linda Mazzoleni e Roberta Natale.
Sono rimasto affascinato da questo gioco, interamente composto da materiali riciclati. Esso rende sotto forma di gioco, per bambini dai 6 agli 8 anni, azioni come il riciclo di materiali, il risparmio energetico e di risorse materiali, introducendo per la prima volta un argomento apparentemente ostico a una fascia infantile.
Ho avuto la possibilità di parlare, oltre che con i componenti della casa editrice “CreativaMente” , con due dei tre autori del gioco, ai quali ho potuto fare alcune domande sul gioco e sul progetto artistico ed ecologico.
L’essere gioco fa parte dell’opera d’arte?
«Per quanto riguarda l’arte contemporanea, sicuramente c’è un filone d’arte che gioca e che utilizza il gioco per comunicare i messaggi della società contemporanea. Nello specifico Io e Rossella, due delle autrici di Zesty, siamo storiche dell’arte e educatrici museali; quindi, noi utilizziamo nel nostro mestiere i laboratori e un linguaggio interattivo e giocoso e la tecnica del “Learning by doing”, quindi imparare giocando.
Le immagini comunicano attraverso i segni e simboli molto più delle parole, soprattutto per il pubblico dei ragazzi e dei bambini. Le parole, infatti, sono sintetiche e sono di forte impatto in una società di bombardamento mediatico e visivo come la nostra. L’arte ci ha aiutato, quindi, proprio come metodo, per selezionare i contenuti green più urgenti e proporli in maniera semplice ai bambini»
E per quanto riguarda il progetto di «100 Zesty in 100 scuole»: come è stato ideato e, soprattutto, quali sono state le reazioni da parte delle scuole che hanno preso parte?
«Il progetto con le scuole è nato in modo organico, perché un gioco del genere è perfetto per le scuole. Noi di CreativaMente abbiamo la fortuna di avere un titolare molto appassionato che, un giorno ci ha detto “Perché, dal momento che tutti ci dicono che Zesty è il gioco perfetto, non ci proviamo?”. Lo pensavamo anche noi e allora abbiamo detto “Proviamoci!”. Noi crediamo molto nel prodotto, e dal feedback siamo in grado di sapere a quel pubblico piacciamo e qual è la risposta delle scuole.Abbiamo aperto un bando agli inizi di settembre che ha chiuso dopo un mese. Abbiamo avuto una buona risposta. Le richieste erano tra le 200 e le 250, ma tra queste sono state scelte le 100 scuole. Una delle poche regole del bando era la distribuzione geografica, che è stata rispettata egregiamente dal momento che le 100 scuole vincitrici vanno dal Nord al Sud Italia. La cosa bella di questo progetto è l’aver organizzato le iscrizioni tramite il passaparola tra gli insegnanti di scuole vicine, il che ha fatto aumentare il numero delle richieste. Visto il successo, non escludiamo assolutamente di replicarlo»
Sulla scatola compare la scritta “gioco lento”. Questa dicitura può essere un modo per andare controcorrente al nostro mondo che, al contrario, cerca di aumentare la velocità della vita, imponendoci la fretta in tutte le cose che facciamo?
«Il senso è proprio quello. “Slow”, appunto, “lento”: una parola inglese che ci siamo permessi di scegliere proprio perché è molto diffusa. È un approccio completamente nuovo rispetto al cotto e mangiato del gioco “del subito”, tipico di bambini e ragazzi (anche se tutti noi andiamo di fretta, sia nel lavoro ma anche nel tempo libero). A causa del bombardamento di informazioni, anche nel gioco, ormai non abbiamo più pazienza; invece, il mondo ci impone pazienza e ce lo insegna tramite la natura.
Sicuramente nel lavoro non si potrà cambiare, non vogliamo arrogarci il diritto di imporre. Penso però che, almeno nella fase del tempo libero, del fine settimana, sia importante darsi questa opportunità un po’ nuova. Il gioco è slow perché consigliamo che ogni giocata duri una settimana, senza ridursi a una serata o a un pomeriggio. Per giocare ci si incontra in presenza o online, in base alle possibilità di oggi, e con almeno due giocatori; tuttavia, noi consigliamo di giocare con più persone, non c’è un numero massimo, si può giocare con chi si vuole. Si sceglie una delle 20 sfide tra Natale green, Quanta acqua consuma, Vestiti responsabilmente, Compleanno green… quindi, momenti in cui di solito tendiamo a consumare molto di più. Ci si mette in gioco con 8 azioni –poste sul retro di ogni Carta sfida– suddivise in: Stile di vita, ovvero le azioni quotidiane, che uno dovrebbe mettere in pratica giorno per giorno e che richiedono costanza; le Avventure Zesty, che ripagando le azioni Stile di vita permettono di uscire di casa per andare, per esempio al parco (rendendo il gioco assai piú piacevole) e, infine, le Curiosità, che spiegano perché è importante la consapevolezza dell’emergenza che ogni giorno viviamo.»
Intervistando il team di CreartivaMente è facile capire quanta importanza abbiano i libri e la cultura per il benessere del mondo che ci circonda. I libri come i giochi, infatti, non sono unicamente agglomerati di pagine, ma veri e propri strumenti che ci permettono di assumere cosapevolezza del ruolo che noi, in quanto esseri umani, assumiamo all’interno del pianeta.
È importante non dimenticare che non stiamo affatto distruggendo il Terra. Il pianeta, anche dopo di noi, continuerà a respirare. È la nostra sopravvivenza ad essere a rischio. Quindi, non dobbiamo aspettare, ma agire, il prima possibile; per salvarci dal disastro e salvare noi, ciò che abbiamo costruito e ciò che ancora potremo fare.
Certo, in questa corsa ai ripari,il nostro nemico più grande è il tempo; ma a volte persino il tempo può essere forzato, dimostrando che le piccole cose fatte con lentezza, come i gesti quotidiani, spesso hanno più valore di qualsiasi impresa epica fatta alla velocità della luce.