Alla luce degli attuali drammatici eventi bellici appare quasi profetica la scelta del Teatro alla Scala di inaugurare la stagione lirica, il 7 dicembre 2021, con il Macbeth di Giuseppe Verdi.
Macbeth, opera del Maestro di Busseto andata in scena nel 1847 il cui libretto di Francesco Maria Piave è liberamente tratto dall’omonimo dramma shakespeariano, è un vortice di sangue, di delitti e di sopraffazioni finalizzati solo alla ricerca del potere. L’intreccio amoroso, generalmente presente nelle trame d’opera, è qui del tutto assente.
Il perfido Macbeth, istigato dall’altrettanto perfida moglie, dapprima uccide il Re Duncano per potersi cingere della corona, poi commissiona l’assassinio di Banquo e del figlio Fleanzio per timore che gli possano insidiare il trono. Il primo cade sotto i colpi dei sicari mentre il figlio riesce a fuggire.
In tutto questo Macbeth e la diabolica Lady sono in pari misura grandi protagonisti; anzi, Lady Macbeth appare anche più cinica e determinata del marito.
La smania di potere di alcuni dittatori odierni appare non inferiore a quella di Macbeth, così come è sinistramente attuale la figura di una moglie che funge da eminenza grigia del tiranno: si pensi alla moglie di Ceausescu e a quella di Mao Zedong. Peraltro, laddove la figura del coniuge non sia presente, il ruolo di cattivi consiglieri ben può essere assunto da ministri, consiglieri oppure oligarchi.
Nel corso dell’opera Macbeth ha due momenti di défaillance: il primo durante un banchetto quando gli appare l’ombra di Banquo sua ultima vittima, il secondo subito prima della battaglia finale, quando si rammarica di una vita così mal vissuta, del fatto che la sua vecchiaia non sarà circondata dalla pietà, dal rispetto e dall’amore e che solo la bestemmia – così testualmente nel libretto – sarà la sua nenia funebre.
E’ assai probabile che simili momenti di debolezza tocchino anche i dittatori di oggi; ma non ne verremo mai a conoscenza perché si tratterebbe di episodi rigorosamente blindati entro le mura dei palazzi presidenziali, inaccessibili all’informazione.
Le sofferenze inferte al popolo dalle azioni dei tiranni le vediamo ora nella realtà attraverso le quotidiane immagini televisive e le vediamo nella finzione teatrale attraverso il coro “Patria oppressa” con cui inizia l’ultimo atto di Macbeth.
Nella finzione il tiranno viene infine sconfitto con la forza delle armi, e questo è l’unico parallelismo che non siamo in grado di ipotizzare perché purtroppo l’attuale vicenda bellica non è ancora terminata.
Ma due considerazioni sono possibili. La prima: i tiranni e i dittatori non sono esistiti solo nel passato e nel teatro ma esistono anche nella realtà e anche oggi. La seconda: la pur fervida fantasia di Shakespeare e di Verdi nel mettere in scena il male è stata non solo uguagliata ma anche superata dalla realtà.