“The Beast” di Bertrand Bonello: un viaggio ipnotico tra amore, identità e tecnologia

In uscita il 21 novembre, un ‘elusiva storia d’amore e solitudine che riscrive un racconto di Henry James. Cinema concettuale e non convenzionale

Con una narrazione volutamente cacofonica e disorientante, The Beast è un’opera multiforme che sfugge a definizioni semplici. Il regista Bertrand Bonello (Nocturama,L’Apollonide) ondeggia in un’atmosfera distorta, mescolando orrore e bellezza, banalità metafisica e ambizione intellettuale, creando un mondo in cui passato e presente, realtà e immaginazione, si sovrappongono e si (con)fondono.

Il film si struttura narrativamente in tre epoche, variando stili e toni per portare lo spettatore in una spirale di tensione e suggestione visiva, esplorando il nostro legame con il passato, i limiti dell’identità e l’impatto della tecnologia sui sentimenti umani.
Nel 2044, Parigi è dominata da un’intelligenza artificiale onnipresente, che offre la possibilità di “purificare” il DNA, cancellando i traumi e le sofferenze del passato. Gabrielle (Léa Seydoux), senza lavoro ed emozioni, decide di intraprendere questo esperimento/terapia. Nella Parigi del 1910, Gabrielle è una pianista intrappolata nei circoli artistici dell’élite che incontra Louis (George MacKay) un misterioso ammiratore britannico di cui finirà per innamorarsi.

Questa parte è filmata in 35mm, ricreando con una cura ossessiva il fascino del cinema d’epoca Nel 2014, a Los Angeles, Gabrielle è una modella solitaria e Louis un fragile vlogger in conflitto con la propria identità e attrazione sessuale.

Nel segmento più interessante del progetto, Bonello, tra echi che vanno da David Lynch ai pop up trash di Harmony Korine, coreografa un balletto sensoriale destrutturato cui il tempo sembra dilatarsi e frammentarsi, come nei sogni più inquietanti.
I due protagonisti sono sempre al centro dell’inquadratura, i loro corpi e i loro volti.

Seydoux incarna un’eroina postmoderna, in bilico tra il bisogno di autenticità e il desiderio di fuga, mentre MacKay è tormentato, costretto a confrontarsi con le proprie insicurezze e ossessioni in un modo che ricorda quello degli “incel”, solitari e arrabbiati verso una realtà che percepiscono come ingiusta e ostile. Coraggioso e ipnotico, caotico e frammentario The Beast è un film più ambizioso che riuscito che richiede attenzione e forse molta pazienza, ma che ripaga con un’esperienza audace e perturbante.

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