È uscito nelle sale il 26 gennaio 2023 il film Terezín di Gabriele Guidi – figlio di Johnny Dorelli e Catherine Spaak – tratto da una storia vera e prodotto per l’Italia da Minerva Pictures e Rai Cinema
Siamo nel 1942 quando Antonio e Martina, due musicisti innamorati, vengono deportati da Praga al ghetto di Terezin. Il tema della Shoah viene sublimato dagli intermezzi musicali che alleggeriscono ogni possibile orrore simulato e atto a restituire la tragicità delle condizioni di vita degli artisti rinchiusi e maltrattati dalla dominazione nazista. La violenza non viene mai esplicitamente mostrata e saranno, infatti, proprio l’unione, la passione e la musica a rappresentare le uniche vie di fuga e di spensieratezza, unitamente alle scene che racchiudono la perdizione di un’infanzia in cui i bambini vengono privati della loro età.
Tra i flashback e il Dies Irae di Verdi, tra carri armati e violini, il film si dirama nel dolce canto che rincuora le scene piene del vuoto della coscienza umana nel ghetto.
Emblematica la rappresentazione del campo di concentramento di Terezin, sorto nell’omonima cittadina a sessanta chilometri da Praga, in cui vennero rinchiusi decine di migliaia di ebrei provenienti in particolar modo dalla Cecoslovacchia occupata dalla Germania nazista. L’originalità della pellicola risiede in un nuovo punto di vista che, lungi dal riportare la mera esistenza del dolore, dà libero spazio alla libertà espressiva: scene di musica in cui si suona e si organizzano concerti; educazione dei bambini attraverso attività laboratoriali e spettacoli teatrali; incontri furtivi. Nonostante ciò, traspare con delicatezza l’oscurità delle condizioni di vita in cui vessavano i prigionieri destinati ai campi di sterminio di Treblinka ed Auschwitz.
Dopo un boato portatore di morte, la didascalia finale del film riporta i dati statistici delle vittime: “I documenti dei trasporti ferroviari indicano che tra il 1941 e il 1945 vennero deportati a Terezin circa 145.000 ebrei (tra i quali 5.000 bambini). 33.000 morirono nel ghetto a causa delle pessime condizioni di vita (malattia, privazioni, fame); oltre 88.000 furono deportati verso i ghetti dell’Est Europa e i campi di sterminio. Quando la guerra finì, erano sopravvissuti solo 17.247 prigionieri”.
Una storia di sogni spezzati via e che fanno compagnia anche nei momenti più tragici di quella parentesi di vita, capace di illuminare anche i momenti più bui, affinché, come riporta la voice over del film, “l’arte possa rivelarsi uno straordinario mezzo di conforto per l’anima, anche nelle condizioni più ingiuste che l’essere umano possa concepire”.