Il prossimo 26 Maggio i cittadini europei saranno chiamati ad eleggere il nuovo parlamento continentale e mai come questa volta l’esito elettorale inciderà sulle sorti dell’Unione. A sfidarsi saranno due fronti: quello sovranista e quello unionista, che di fatto scompagineranno tutti i vecchi equilibri a Strasburgo.
L’asse tra popolari e socialisti, andrà definitivamente in archivio lasciando il passo ad una geografia politica bipolare, come mai si è vista nei palazzi di Bruxelles. Con le attuali regole però, appaiono ancora indispensabili delle alleanze per avere una maggioranza solida per governare l’europarlamento. Ecco quindi che il fronte ad oggi in rapida ascesa, quello sovranista, che vede nel Vice Premier Italiano Salvini uno dei principali leader, deve iniziare a rispondere seriamente non solo sulla sua alternatività all’attuale ordine istituzionale, ma al sistema di alleanze che propone per sostituirlo e governare l’Europa. L’ipotesi di una “internazionale sovranista” appare impraticabile perché si è già sgretolata ancor prima di nascere.
Guardiamo alle reazioni dei principali alleati sovranisti come Orban e i nazionalisti austriaci oggi al governo nei loro Paesi su temi quali immigrazione e politiche economiche. Nessun sostegno all’Italia salviniana né nella redistribuzione dei migranti né nel finanziare eventuali respingimenti dell’Italia. Così come proprio Austria e Ungheria, molto più di Francia e Germania, si mostrano duri nel voler attivare la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia qualora il governo gialloverde approvasse la legge di bilancio.
Marine Le Pen è stata ancor più netta affermando l’apprezzamento per i sovranisti all’amatriciana, ma che per lei viene prima la Francia con i suoi interessi, che sovente confliggono con i nostri. D’altra parte, per chi si fosse illuso che il sovranismo possa essere un movimento transnazionale, basterebbe ricordare che certe suggestioni di oggi non sono altro che la riproposizione di nazionalismi vecchi di secoli e forieri solo di sventure per i popoli europei. Ogni nazionalista in quanto tale non è alleabile con alcun altro nazionalista diverso da se.
A Salvini quindi non resta che il piano B: ossia tentare l’opa ostile verso il Partito Popolare Europeo, costringendolo con la forza dei numeri ad un’alleanza post voto, che però per i popolari, oltre ad essere contronatura, significherebbe la definitiva disgregazione.
La palla dunque tornerebbe alle vecchie famiglie di popolari e socialisti, che invece di attardarsi nelle loro contorsioni ombelicali dovrebbero accettare le nuove regole del bipolarismo e proporre loro una piattaforma unitaria di riforme istituzionali ed economiche per l’Europa che faccia saltare il banco del bluff sovranista.