“Siamo tornati liberi”. Così Il Piccolo Giornale di Trieste descriveva ‘l’esplosione di incontenibile amore patrio’ del 26 ottobre 1954, quando la città tornava all’Italia, cessando di essere un territorio gestito dagli alleati.
Era dal lontano 1943, con l’armistizio dell’8 settembre, che Trieste era sotto il dominio straniero. Con il trattato di Parigi del 1947 era stata suddivisa in una zona A, controllata dagli Angloamericani, e in una zona B, assodata agli jugoslavi dove vivevano 200.000 italiani.
Ma quel martedì del 26 novembre 2021 le truppe italiane entrarono: Trieste non apparteneva più alla Jugoslavia e tornava parte d’Italia. Il sacrificio di molti soldati che si erano battuti per la liberazione di quel territorio non furono vani. Né la pioggia né la bora riuscirono a fermare l’entusiasmo nelle piazze e le bandiere tricolori sventolavano, finalmente, per le strade.
Un fiume di gente si riversò fuori con entusiasmo per festeggiare. Il generale De Renzi non fece in tempo a entrare in città: la cerimonia di passaggio di poteri dai generali Winterton e Dabney non andò in scena.
Erano passati molti, troppi anni ma dopo la sottoscrizione del Memorandum d’Intesa a Londra, il capoluogo giuliano era tornato ad essere città italiana. Il giradischi poteva finalmente suonare a tutto spiano “Vola, colomba bianca vola”.
Il brano, composto da Concina e Cherubini con il quale Nilla Pizzi aveva vinto Sanremo due anni prima, infatti parlava proprio di Trieste: “..inginocchiato a San Giusto”, canta: la cattedrale sulla punta del colle che trionfa sulla città, , “noi lasciavamo il cantiere” perché terra di cantieri navali, “il mio vecio” il papà in dialetto triestino. Quel sogno cantato e tanto agognato si era realizzato. Future generazioni potranno vivere in pace e prosperità lontane dalla dittatura di Tito.
Quanti sbagli, quante inesattezze.. penoso questo articolo.