Si accende la partita delle nomine a Bruxelles, ma l’Italia resta fuori

Adesso spetta al Parlamento europeo concedere l’approvazione finale a Ursula von der Leyen, la quale ha ottenuto il sostegno del Consiglio Europeo per un nuovo mandato alla guida della Commissione europea. Sono stati nominati, invece, Antonio Costa e Kaja Kallas. Rispettivamente il nuovo presidente del Consiglio Europeo e il nuovo Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza. L’Italia, rappresentata dalla premier Giorgia Meloni, ha scelto di astenersi sul voto per la leadership della Commissione europea, mentre ha votato no alle altre due proposte.

In aula, l’ex ministra della Difesa tedesca, Ursula von der Leyen, 65 anni, potrà contare sui voti dei popolari, dei socialisti e dei liberali, ma la sua maggioranza è risicata, con soli 38 seggi di vantaggio. L’indicazione dei Paesi membri è arrivata nella notte tra ieri e oggi, dopo un lungo negoziato il cui esito era meno incerto di quanto riportato da parte della stampa. Il Consiglio europeo ha proposto anche la premier liberale estone Kaja Kallas, 47 anni, per la carica di Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza, e ha nominato António Costa, 62 anni, ex premier socialista portoghese, come nuovo presidente. L’Italia, rappresentata da Meloni, ha votato contro queste due nomine. Ogni cinque anni, in seguito alle elezioni europee, il Consiglio europeo decide a maggioranza qualificata sulle principali cariche comunitarie. L’Italia ha avuto poco margine per opporsi ai candidati proposti dalla maggioranza popolare-socialista-liberale. Solo l’Ungheria del premier nazionalista Viktor Orbán ha votato contro la von der Leyen, schierandosi al fianco di Roma.

«La proposta formulata da popolari, socialisti e liberali per i nuovi vertici europei è sbagliata nel metodo e nel merito», ha scritto la presidente del Consiglio su X, l’ex Twitter, questa notte. «Ho deciso di non sostenerla per rispetto dei cittadini e delle indicazioni che sono emerse dalle elezioni. Continuiamo a lavorare per dare all’Italia il peso che le spetta in Europa».

Il giorno da segnare sul calendario è il 18 luglio prossimo, quando il Parlamento Europeo si riunirà per decidere se confermare Ursula von der Leyen come presidente della Commissione Europea. Da non dimenticare cosa accadde cinque anni fa: la Presidente uscente si presentò con una maggioranza di 444 voti, che arrivò a 483 con il sostegno annunciato del Movimento 5 Stelle e dei polacchi di Destra e Giustizia. Tuttavia, il risultato finale fu di soli 383 voti, appena nove in più del minimo necessario, e ben cento in meno del previsto. Oggi, la soglia di voti necessari è fissata a 361 e Popolari, Socialisti e Liberali possono contare su 399 voti, un numero sufficiente in quasi ogni contesto elettorale tranne che nel Parlamento Europeo, dove i franchi tiratori sono sempre presenti. Qui entra in gioco la strategia di astensione di Giorgia Meloni, come riportato da un retroscena de La Stampa. I fedelissimi della premier affermano: «Se Ursula vuole proteggersi dai franchi tiratori, dovrà guadagnarsi il nostro voto».

La battaglia per ottenere uno o due commissari di peso inizia ora. L’obiettivo è far cambiare idea al gruppo ECR, i conservatori che oggi intendono astenersi, ma che domani potrebbero votare sì a Ursula. Questo garantirebbe un’elezione sicura e senza rischi, in cambio delle nomine richieste dall’Italia.

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