In Argentina ha vinto il candidato libertario Javier Milei, e questo potrebbe avere significative conseguenze non solo sul piano interno. Difatti la maggior parte delle sue proposte potrebbero avere un considerevole impatto anche sul profilo internazionale dell’Argentina. Nei prossimi mesi occorrerà valutare quali concretizzazioni avranno luogo, ma per farlo bisogna inquadrare la novità argentina mediante tecniche di analisi di politica estera.
L’individuo e la politica estera
Per prima cosa, se asseriamo che la venuta del nuovo Presidente è capace di segnare una svolta nella politica estera argentina, stiamo ammettendo che il livello d’analisi individuale, ovvero connesso al singolo decisore, può avere effetti importanti sul comportamento del paese a livello internazionale. Seguendo la disciplina delle Relazioni Internazionali possiamo dunque constatare l’esistenza di molteplici approcci analitici; alcuni dei quali si concentrano sui processi burocratici, mentre altri prendono in esame comparazioni e influenze sistemiche.
Tuttavia nel caso di Milei è più utile utilizzare il cosiddetto approccio psicologico-cognitivo; il quale rifiuta l’ipotesi di una forte razionalità dei decisori, focalizzandosi piuttosto sulle loro percezioni e sulle loro esperienze. Se a questo aggiungiamo l’elemento dell’identità come prioritario od equipollente all’interesse nazionale; quello che otteniamo è un quadro analitico che consente di descrivere, ma difficilmente di predire, la nuova politica estera del paese.
Questa premessa squisitamente tecnica trova in realtà un’applicazione facilmente individuabile. Infatti la psicologia di Milei lo ha reso imprevedibile, inaspettato. L’unico fattore su cui è possibile basare qualche ragionamento è l’insieme delle sue dichiarazioni; ove compare sia un riferimento all’esperienza sia all’identità, in tal caso politica. Perché quando Milei sostiene la dollarizzazione non sta parlando solo di economia, e quando dice di voler collaborare col “mondo libero” fa riferimento ad una identità politica chiaramente liberale ed occidentale, la quale riesce evidentemente a plasmare la sua visione di politica estera.
La dollarizzazione
L’esempio della dollarizzazione è emblematico, perché pur essendo un provvedimento a carattere strettamente economico è in grado di cambiare il profilo internazionale del paese. Molti analisti si sono limitati a dubitare, dal punto di vista tecnico, dell’effettiva fattibilità di questa soluzione. Dobbiamo però ricordarci che esistono molti paesi che dispongono di dollari nelle loro riserve, e magari potrebbero trovare conveniente riversarne una parte in Argentina qualora il cambio di valuta avesse luogo. Di certo sembra improbabile che il nuovo governo chieda direttamente alla Federal reserve di coprire interamente anche il fabbisogno argentino. Insomma, più che una soluzione tecnica, l’introduzione del dollaro potrebbe conformarsi come un richiamo di attrattività economica internazionale.
Il commercio internazionale
Lo stesso discorso vale per i trattati commerciali e per le relazioni con gli altri paesi. Il fatto di poter ancora prevedere con certezza i prossimi passi di Milei è dato anche dall’attesa di una conferma o di un cambiamento di alcune dichiarazioni. Ci si potrebbe chiedere, ad esempio, se convenga davvero all’Argentina uscire dal Mercosur; mentre appare più accettabile per un libertario liberista rinnegare l’ingresso nei Brics, anche se entrandoci l’Argentina di Milei potrebbe fungere da occhi e orecchie statunitensi assieme all’Arabia Saudita.
I rapporti internazionali
I rapporti internazionali, per converso, sembrano impostati su una maggiore chiarezza. Viene dato per assodato un viaggio del nuovo Presidente negli Stati Uniti e in Israele prima ancora di entrare in carica ufficialmente. Lo stesso Segretario di Stato Blinken ha confermato l’apertura della corrente amministrazione statunitense, non certo allineata con le posizioni di Milei, nei confronti del nuovo governo. Allo stesso modo si è fatto chiarezza sui rapporti col Brasile, i quali verranno mantenuti conservando così anche le strette interdipendenze commerciali e politiche.
Conclusione: l’immagine non fa la politica
Volendo concludere, quella di Milei non è una figura controversa ma piuttosto assai complessa ed eclettica. Molti si sono lasciati ingannare da un’immagine costruita ad arte, capace di generare una maschera di rabbia e di eccentricità; per poi far trapelare moderazione e ragionevolezza. Milei dice che non bisogna confondere i suoi legami personali coi rapporti internazionali, come nel caso del Brasile, e che lui non vuole legalizzare le armi ma “evitare che i cattivi le possiedano e i buoni no”. Ancora, l’utilizzo della parola negativa “casta” accanto a quella positiva “libertà” schematizza e semplifica l’accostamento dei valori corrotti superabile grazie a quelli vincenti, di cui Milei si dipinge come massimo campione. Milei brandisce la motosega e usa un leone come simbolo, in connessione con la sua capigliatura, però abbraccia i bambini nei suoi comizi e gioca con loro a pallone.
Dal punto di vista politologico e comunicativo si tratta di elementi di rilievo, perché toccano corde precise senza scadere in estremismi riscontrabili solo in analisi fin troppo superficiali. La considerazione complessiva di questi fattori ci regala un caso di studio sicuramente nuovo, che deve essere ancora compreso e che non può troppo rapidamente essere categorizzato nel populismo “alla Trump”. Su una cosa possiamo essere sicuri: la politica estera argentina sarà sottoposta a grandi moti di cambiamento, e da questo potrebbe dipendere un serio cambiamento della situazione in America Latina.