“Santa” di Rossana Turrone: una corsa verso la libertà

“Quando sono nata io, si aspettavano tutti che nascesse un maschio e avevano deciso di chiamarlo Santo. Poi però sono nata io, e siccome i miei non avevano pensato a nomi da femmina mi hanno chiamata Santa”.

Inizia così la vita di Santa, protagonista dell’omonimo romanzo di Rosanna Turone edito da NN Editore (2024). Una storia che nasce in Calabria e nello specifico a Pontecagnano Calabro, in una casa che viene allargata, con una stanza tinta di blu. Dei genitori che aspettano con ansia l’arrivo del tanto atteso figlio maschio. Poi però si ritrovano con una figlia e, forse per delusione, non pensano neanche a un’alternativa per il suo nome: è sufficiente cambiare la vocale finale e porre quella bambina in una culla e poi in un letto, da dove, ormai diventata più grande, vede una scritta che la turba: “Benvenuto Santo”.

Santa sin da subito deve fare i conti con un amore che non è mai completo nei suoi confronti, ma gli amori che vive appaiono essere sempre a metà. Tuttavia Santa ha un sogno: essere amata senza condizioni. Questo però non accade: per prima cosa ciò che prova è ovviamente il non essere desiderata dai suoi genitori. Ad aggravare il senso di oppressione tra le mura domestiche, è la presenza della sorella Beatamaria: la figlia preferita che bisogna sempre accontentare. Santa non avrà mai vinta contro di lei perché i genitori non vorranno mai deludere la primogenita. Anche sulle loro altezza devono mentire: fanno di tutto per far sì che Beatamaria creda di essere più alta di Santa.
Così in un paesino del Sud, questa bambina vive un’infanzia di solitudine in un posto che man mano le diviene sempre più stretto. In una realtà in cui molto probabilmente non ci sarà futuro.

Nel corso della sua storia appare Gianni, un ex compagno di scuola, che diventa per lei la possibilità di lasciare la Calabria e di trasferirsi a Torino. Uno spiraglio di luce quasi ma che in realtà porta sempre più Santa ad avvicinarsi al dolore mentre il sogno di essere amata completamente si allontana. A quest’ultimo, infatti, subentra un amore irascibile e violento, quello di Gianni. C’è solo un culmine di felicità che sembra raggiungere in questa relazione, e forse nell’intero romanzo: la nascita di Tommaso. L’unico che riesce a farla sentire amata. È nel diventare madre che cerca un rifugio. Nell’amore di questo bambino tenta di trovare il coraggio fino a lasciare Gianni.
Ma il suo destino di infelicità sembra essere scritto: l’uomo violento viene sostituito con Mauro, egoista dapprima con la moglie tradita e poi con la stessa Santa. Ed è in questa storia che il dolore della protagonista diventa lacerante: dopo mesi di frequentazioni, Santa resta incinta, ma è proprio Mauro a costringerla ad abortire con una forte pressione psicologico: egli come alternativa le pone il suo suicidio. La felicità di Santa e la sua voglia di diventare madre, sembra ledere la felicità di quest’uomo. Ma in generale, sembra che la sua felicità possa essere un problema per tutti e quindi c’è sempre un modo per farla vacillare.

C’è solo una persona nella sua vita pronta a difenderla e aiutarla: è sua nonna che ha sempre vissuto una vita con un uomo difficile ma che è per Santa un esempio di coraggio e di forza. È con lei che vive un confronto continuo ed è con lei che cerca di organizzare la vendetta contro Mauro, per rivendicare quella voglia di essere amata.

Rosanna Turone realizza una storia piena di dolore con una scrittura tagliente, fa sì che il senso di oppressione della protagonista venga percepito dal lettore. Lo fa a partire dalla scelta del nome, Santa, che sembra quasi essere un peso che la donna di questa storia si porta dietro. Tuttavia non si ha mai una sensazione di passività nei confronti di ciò che accade di negativo. Santa impara a reagire a dei genitori che non l’hanno amata abbastanza: ormai adulta, vuole delle risposte a quell’amore a metà. Reagisce alla sorella Beatamaria che proprio a lei chiederà aiuto per un confronto con i genitori.
C’è una cosa che la contraddistingue rispetto alla passività: sentirsi bella. Toccarsi e piacersi. Ed è questa la vera prima forma d’amore che dovremmo conoscere e mettere in pratica: l’amore per se stessi.

Santa ci insegna che in amore, nelle sue infinite forme, non bisogna mai accontentarsi. Sentirsi amati non può essere quantificato numericamente.

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