Eccoci giunti alla seconda serata sul palco dell’Ariston. In generale, nonostante il picco di ascolti superiori alla prima puntata, la serata è stata molto più lenta della precedente, complice senza dubbio il livello dei brani in gara abbastanza deludente. Amadeus ormai tranquillo sul palco dell’Ariston ha condotto la serata con la sua solita professionalità ed esperienza, dimostrando tranquillamente di poter condurre Sanremo anche da solo. Si presta tranquillamente nel fare da spalla a Checco Zalone per la prima volta sul palco del Festival. Il comico non si risparmia ironizza su tutto l’ironizzabile; attacca la vergognosa ipocrisia dietro la discriminazione verso la comunità LGBTQ attraverso una favola politicamente scorretta, senza dubbio divertente, ma soffre inevitabilmente del sentito monologo della Cesarrini sul razzismo.
Il comico va avanti presentando due nuovi personaggi il rapper Ragadi e il virologo Oronzo Carrisi. Divisivo, irriverente, politicamente scorretto, tutto quello che ci aspettiamo da Checco Zalone che, al netto delle polemiche o di gusti e sensibilità personali è stato il picco di ascolti della serata. Lorena Cesarrini è la coconduttrice della serata, non un nome molto noto al pubblico di Rai1. L’attrice si lancia in un monologo sul razzismo dall’intento sicuramente nobile ma troppo lungo e non molto efficace. Nonostante la tematica trattata fosse assolutamente condivisibile e i commenti a lei riservati, da condannare si sarebbe potuto scegliere un modo migliore per affrontare il tema, sfruttando magari le sue capacità attoriali. Veste con difficoltà i panni della coconduttrice tradendo molta emozione, sicuramente condivisibile, che a lungo andare la rende nulla di più che una liceale spaurita.
Il suo talento poteva essere usato in molti modi vincenti ma alla fine, come la Muti, non lascia il segno. Al netto di questa analisi, per Amadeus la serata è stata una vittoria; 11.320.000 telespettatori con il 55,8% di share.
Pagelle della Seconda Serata
Sangiovanni. Sangiovanni che fa Sangiovanni; Sanremo poteva essere l’occasione per uscire dalla sua fascia d’ascolto post adolescenziale, ma così non è stato. Tuttavia ha il ritmo da tormentone e così sarà. Voto 5,5.
Giovanni Truppi. Complessa e raffinata storia di radici familiari circondata da un atmosfera cantautorale tipica degli anni 70/80. Impossibile da cantare a memoria, ma decisamente più interessante della maggior parte delle cose ascoltate al festival. Voto 7,5.
Le Vibrazioni. Attesissima come unica band in gara al festival. La canzone ha mordente così come la performance; portano a casa l’esibizione senza particolari colpi di scena. Voto 6.
Emma. Il pezzo le permette tranquillamente di sfogare tutta la sua grinta, si sente così tranquilla nel brano da azzardare nuove timbriche ed espressività. Tenta il colpo di scena con la Michelin come direttore d’orchestra; ringraziamo i musicisti di Sanremo che di fatto non necessitano di un Direttore, soprattutto se fa gesti quasi del tutto sconclusionati come lei. Arrivare ad un ruolo passa inevitabilmente per un percorso di studi preciso che, piaccia o meno, la Michelin non ha. Voto 7,5.
Matteo Romano. Tripudio di vocalizzi tra l’urban e l’etnico. Svolge bene il compito ma manca totalmente di fermezza e non arriva alla sufficenza. Voto 5.
Iva Zanicchi. “L’Aquila di Ligonchio” rivendica il diritto al gusto musicale retrò. Una chitarra simil rock a segnare forse che i tempi però sono cambiati. Standing ovation alla carriera ed al coraggio di mettersi in gioco. Voto 6.
Donatella Rettore & Dito nella Piaga. Poco da dire, due generazioni d’artiste in perfetta simbiosi l’una con l’altra. C’è grinta e, ovviamente, Chimica. Voto 8,5.
Elisa. Bella performance che porta una ventata nostalgica sospesa tra ieri e oggi. Volendo essere sintetici… un classico moderno. Forse un pò sottotono. Voto 7.
Fabrizio Moro. Una ballata nel suo stile, bene interpretata, l’esperienza su quel palco si vede, ma anche un po’ già sentita. Voto 6,5.
Tananai. Commentare risulta superfluo, prima di salire su quel palco bisognerebbe essere quantomeno intonati. Voto 3.
Irama. L’impegno vocale è notevole ma sovradimensionato rispetto alla scrittura del brano. Buona scelta quella di mettere da parte il pop per virare su un romanticismo evocativo. Voto 6.
Aka 7even. Accattivante sotto il profilo musicale perché si regge su una ritmica ben serrata. Lui si diverte e si vede. Voto 7,5.
Highsnob & Ub. Un po’ nuovo, un po’ “vintage” ma senza decidersi realmente cosa essere. Ci si poteva aspettare qualcosa di più. Voto 6.