Salento noir: i fidanzati di Lecce

In anni ormai dimenticati qualche cittadino del nord Italia chiamava genericamente i meridionali “quelli del tacco”, mettendo in un unico calderone dall’ Abruzzo alla Sicilia, ma oggi sappiamo che la realtà è più complessa. Forse perché tale complessità sfugge ancora, alcuni articoli sull’omicidio dei fidanzati di Lecce del 2020 hanno destato scalpore, ammantati com’erano di morbido sarcasmo sul torpido Salento, che coverebbe inquietudini irrisolte, sotto il velo di un sud apparentemente solare e ancora retto da solidi valori familiari, con un occhio ad Avetrana.

Mezzogiorno del terzo millennio

Siamo al post lockdown. Pochi avrebbero pensato a un crescendo di delitti e scomparse, in epoca di controlli a tappeto e dispositivi digitali che tutto colgono, ma il noir non si è arrestato, anzi, nemmeno in quell’estremo lembo d’Italia.

Tra i molti, un duplice delitto ha particolarmente colpito l’opinione pubblica, quello in cui hanno perso la vita i fidanzati Eleonora Manta e Daniele De Santis, trentenni o poco più.

Lei da poco funzionaria INPS, lui amministratore di condomini e arbitro di calcio in carriera, da poco convivevano in un appartamento di via Montello, vicino alla stazione, non troppo lontano dal centro storico bomboniera di Lecce, città di dimensioni contenute.

Il 21 settembre 2020 la coppia stava cenando, al momento dell’irruzione del killer. Gli articoli, nel riportare gli eventi, spaziano nei racconti e non sempre si rinviene unità nella trama, ma questa non è una novità. La dissonanza più rimarchevole riguarda la premeditazione o l’impeto e ancora non si concorda. Oppure l’aspetto dell’assalitore, per esempio:

 “I testimoni hanno visto una sagoma nera, vestito con una tuta da motociclista” Today.it, 23 settembre 2020. Qualcuno parla di collant calzato sul viso, alla maniera delle vecchie bande di rapinatori. Sempre Today.it del 30 settembre 2020 riporta il Corriere della Sera che avrebbe scritto “…Indossava una calza di nylon sulla quale aveva disegnato con un pennarello nero gli occhi e la bocca…”.

Cosa sia accaduto davvero, nessuno può dirlo con certezza. Dalle ricostruzioni apprendiamo che si è introdotto in casa l’attuale condannato, il ventunenne praticante infermiere Antonio De Marco, originario di Casarano nella provincia leccese, in possesso delle chiavi dell’appartamento per aver abitato, per un solo mese nel 2019, in una camera affittata da Daniele. Con un coltello, mai ritrovato, il giovane avrebbe inferto decine di colpi all’impazzata; i resoconti variano sia sul numero che sulla ripartizione e la cronologia dei fendenti. Inutile si sarebbe rivelato il tentativo di fuga dei due, ritrovati tra le scale e il pianerottolo.

Dai media l’assalto viene ridotto a circa otto minuti. L’assassino lascia in giro diversi oggetti.. Tutto ciò si rileva già a partire dalle 20.55, mentre l’assalto sarebbe terminato alle 20.54, con l’allontanamento dell’assassino incappucciato per “…un percorso ritenuto “tortuoso e lungo”.  Antonio avrebbe allungato per eludere la sorveglianza di una telecamera, ma si sarebbe fatto riprendere da molte altre. Lungo il cammino scelto, tra chiesa Santa Maria dell’Idria/ via De Iacobis/ via Cadorna, il rischio di essere notato era elevato.

Ben 165 persone sarebbero transitate per quell’appartamento, tutte potenzialmente ancora in possesso delle chiavi. Daniele aveva affittato a questo ritmo frenetico? Il pensiero va alle instabili convivenze della casa dove venne ritrovata Meredith Kercher.

Una ex insegnante di De Marco affermò circa (da La vita in diretta 8/10/2020) che si trattava di un classico bravo ragazzo, diligente negli studi, educato, corretto, riservato ma non orso, sereno nei rapporti con i compagni, anche se non in particolare confidenza; non ha subito bullismo, anzi faceva da paciere rintuzzando gli aggressivi.

In un primo tempo, nella frenesia delle supposizioni, i media raccontavano di un dissidio legato alle spese comuni; poi si mescolò la causale, aggiungendo qualche screzio preesistente al disappunto di De Marco per aver dovuto cedere il posto alla ragazza; infine, ad arresto avvenuto, Antonio confessò subito, col movente di una feroce invidia nei confronti della felice coppia, specchio riflettente della propria solinga disperazione.

Si legge un po’ ovunque che “prima del duplice omicidio, Daniele De Santis era andato intorno alle 20 dalla madre a comprare dei dolci”. Non c’era dunque la certezza di trovare entrambi in casa, a meno di non aver effettuato costanti pedinamenti fino all’ultimo minuto, ma Antonio risulta essere uscito quasi un attimo prima, per attuare il suo proposito.

Si tratterebbe dunque di un omicidio molto terzo millennio, subito vivisezionato dagli esperti, che optano per la premeditazione, ma altrove si legge di conversazione degenerata.

La perplessità è d’obbligo

Da Huffingtonpost, 29 settembre 2020: “Il ragazzo voleva immobilizzare, torturare e uccidere, per poi ripulire tutto con detergenti e lasciare una scritta sul muro con un messaggio per la città: un’azione dimostrativa…”

Antonio non si è curato delle conseguenze, semina indizi in loco, posta sui social, lascia in vista i suoi sfoghi e tonnellate di DNA. Si insiste che avesse monitorato le telecamere, ma avrebbe stolidamente scordato le più importanti. Tuttavia, se si era già allocato in una nuova casa in via Fleming, perché avrebbe voluto tornare a vivere con Daniele, ormai accasato? Quali motivazioni avrebbe addotto per chiedere all’arbitro una nuova coabitazione in trio?

Lui dichiara: “…Dopo aver compiuto il gesto sono tornato a casa mia sita in via Fleming. Ho dormito fino alla mattina successiva. Mi sono disfatto dei vestiti gettandoli in un bidone del secco di un condominio poco distante dall’abitazione. La fodera faceva parte del coltello che ho comprato… Articolo del 4 ottobre 2020, Lecceprima,  verbale di confessione

Se si trattava di un bidone per il secco forse non era impossibile risalirvi. A Lecce, da anni, la raccolta differenziata è organizzata porta a porta, con bidoncini/mastelli personali che si riempiono in casa e poi si portano in strada, in giorni diversi della settimana secondo la tipologia.  De Marco, ribadiamo, non viveva da solo. Uno dei coinquilini di via Fleming ne parla benissimo e lo descrive sereno prima e dopo l’eccidio. Non hanno notato strani movimenti? Il neo omicida si sarò fatto la doccia: sono state sondate le tubature, come ad Erba?

Perché le pozze di sangue si fermerebbero alle scale  – dal piano ove abitava la coppia a quello sottostante? De Marco non ha pestato nulla con le suole? E quantomeno  l’arma – mai vista – non ha gocciolato?

 De Marco è inoltre accusato di divulgazione di contenuti pedopornografici, per cui ha patteggiato una condanna a parte. Di più; “… gli investigatori avevano trovato nel computer di De Marco, dopo l’omicidio del 20 settembre 2020, alcuni spezzoni di video dove era ritratto con minori durante atti sessuali ” Ilgallo.it, 8 novembre 2022.

In questo ultimo scenario, ci sarebbe qualcosa più di un contenuto, piuttosto violenza pedofila.

Infine, è’ esagerato immaginare un complice?

Motivazioni fumose

L’omicidio di due individui è raro, per il tipo di difficoltà nella realizzazione, il rischio che uno dei due possa sfuggire in qualche modo alla presa e dare l’allarme, la difficoltà di gestione della fase post atto. I più famosi in Italia sono quelli compiuti dal cosiddetto “ mostro di Firenze”, che procedeva poi a mutilazioni del corpo femminile, ma talvolta ha lasciato cospicui segni con il coltello anche su quelli maschili. In quei casi, però, chi uccise agiva su una coppia esposta e indifesa, poiché in situazione di intimità dentro una macchina, e utilizzava prioritariamente un’arma da fuoco.

Il ragazzo avrebbe anche redatto un piano, naturalmente ritrovato: 1- Appena entrato: legare tutti; accendere i fornelli e mettere l’acqua a bollire; scrivere sul muro…3- Pulizia; acqua bollente e candeggina…; poco prima di uscire soda…Nastrare le dita; prendere i guanti; coprire la testa; cambio maglietta; vestizione; prendere coltello e fascette; slacciare le scarpe… L’assassino sembra non prevedere una reazione delle vittime. Come se fosse stato possibile bloccare, da solo, due persone, senza lottare, legandole con fascette e impedire che urlassero, attirando l’attenzione dei vicini.   

7 ottobre 2020, Lecceprima “…Ma Daniele ed Eleonora, possono veramente essere stati scelti a caso, solo “forse perché loro erano felici”? Tanto altisonante nella sua vacuità, la motivazione, da essersi tramutata nei giorni scorsi nel titolo principale di quasi tutti i giornali per sottolineare questa tragedia immane…

I siti dedicati al crime imperversano da anni e naturalmente questo caso è molto trattato. Prendiamone uno a campione.

Unimarconi forumfreezone, nick s@yaka il 28 settembre (prima della cattura): “tutto mi porta a pensare a qualcuno che conosceva la coppia per una questione sentimentale o per affari, la classica persona tenuta nascosta agli amici e familiari…”

Rimane lo sgomento, soprattutto perché ormai sembra che la preoccupazione per essere scoperti e finire in carcere non spaventi chi è determinato a uccidere, chi ha fatto della sociopatia il suo stile di vita: qualcuno che dissimula i suoi stati d’animo al punto da sembrare serafico come un bradipo un minuto prima e uno dopo un crimine feroce, che nei giorni successivi ( come avrebbe fatto De Marco) va a una festa e all’università. Che non si preoccupa di scegliere vittime con legami e visibilità, la cui morte susciterà la reazione di amici e familiari. Un nuovo tipo di killer, che stermina, confessa e sparisce. Non abbiamo la sentenza, non sono state diffuse le udienze, i media hanno improvvisamente taciuto e qualcosa sembra non tornare.

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