Milioni di appassionati si sono relazionati al metal partendo da molto lontano. Quella fase di approccio, in realtà, somiglia a un vero e proprio processo. Così come uno sportivo lavora sul corto per poter raggiunge il risultato finale, l’ascoltatore mira a determinate realtà partendo da zone di riferimento facilmente accessibili.
Chi più dei Linkin Park, in tal senso, riesce a incarnare questa fase di “iniziazione” verso uno dei panorami più variegati e complessi dell’industria musicale?
In realtà, è necessario far ordine su questo punto. I Linkin Park sono una fra le band più ascoltate di tutti i tempi: la facilità di ricezione e il largo uso di brani, divenuti iconici, hanno giocato un ruolo decisivo per l’affermazione di un gruppo dalle indubbie capacità.
Ma quanto sono stati realmente importanti i LP? La domanda, all’apparenza ingenua, nasconde uno dei nodi più complessi da sciogliere dell’intero panorama in questione. I detrattori della band puntano a rimarcare come l’apporto del gruppo sia stato pressoché nullo (sul piano contenutistico e sperimentale). Inoltre, una delle cause di maggior dibattito è costituita dai numerosi mutamenti stilistici attraversati nel corso della loro carriera.
Questa premessa risulta necessaria per affrontare l’analisi di una delle discografie più interessanti dell’intera industria musicale.
Hybrid Theory
Il 24 ottobre del 2000 i Linkin Park pubblicano il loro primo album in studio, dal titolo Hybrid Theory, per la Warner Bros. Records. Il nome del disco rappresenta il chiaro intento della band di puntare su soluzioni variegate, senza offrire troppi punti di riferimento.
Papercut è una traccia dal grande impatto e che si cala perfettamente nella logica del gruppo. C’è da chiedersi se rappresenti la giusta apertura di un disco che punta, fortemente, sulla versatilità stilistica. Un brano come A Place for My Head poteva svolgere questo compito in modo più efficace, lasciando spazio per Papercut nel cuore dell’album stesso.
Si discute di un disco di livello e dalle soluzioni sofisticate, come nei brani Runaway, By Myself e Forgotten. Nonostante ciò, Hybrid Theory soffre sotto il profilo della maturità. Manca quella connessione in grado di donare al disco una propria dimensione sulla quale soggiacere.
La sensazione è che i Linkin Park abbiano realizzato un ottimo disco non riuscendo, però, a raggiungere l’obiettivo prefissato, ossia un album dalla grande varietà sul piano contenutistico.
All’interno di questo primo lavoro in studio, targato Linkin Park, vi è anche uno dei brani di maggior impatto degli ultimi vent’anni: In The End.
Traccia iconica che traina l’intero album verso il grande successo ottenuto. Si tratta di una canzone dall’elevato peso specifico, che legittima fortemente un lavoro che gode di ottimi spunti ma che, fino a quel momento, mancava di quella marcia in più per potersi consolidare.
Queste brevi riflessioni evidenziano quanto sia complesso gestire un primo lavoro. In molti casi, le idee sono numerose e non è agevole fare una selezione di tutto il materiale confluito in sede di realizzazione. Nonostante questi tratti, Hybrid Theory è un disco dall’importanza – sistematica – inequivocabile. Chiave d’accesso per molti appassionati e per intere generazioni.
Meteora
Il successo ottenuto con il primo album ha posizionato i Linkin Park nella difficile situazione di doversi superare. Si giunge così a Meteora, secondo album in studio della band, pubblicato il 25 marzo del 2003.
Tutte le perplessità palesate, con il suo predecessore, vengono spazzate via. Disco maturo e che centra perfettamente la logicità del gruppo. Meteora si apre con Don’t Stay (preceduta dall’intro Foreword), traccia da molti sottovalutata ma dalla grande sostanza. In questo caso, i Linkin Park mirano ad aprire il disco con un binomio che possa introdurre facilmente all’interno di un prodotto notevolmente diversificato.
Il punto di forza di questo lavoro è rappresentato dal costante livello di rendimento delle varie tracce. Nessun brano risulta eccessivo o superfluo. La maturità raggiunta dalla band è tangibile solamente leggendo la tracklist: impeccabile e, soprattutto, intelligente.
Meteora è ricco di brillanti intuizioni e sonorità peculiari, si pensi al brano Lying from You: prodotto magistralmente e studiato in pieno stile Linkin Park.
La prima metà dell’album – senz’altro positiva – manca però di quel cambio di passo che consenta all’intero disco di elevarsi e spazzare via qualsiasi dubbio.
Il crocevia fondamentale, per la consacrazione del lavoro in questione, si situa nel brano Faint: è da qui che il disco sfodera il suo arsenale senza timori.
Quest’ultima e Figure.09 costituiscono un ottima apertura verso una zona più malinconica e cupa. La negatività prende il sopravvenuto con Breaking the Habit, singolo che riassume il lavoro confluito all’interno di Meteora: grande sperimentazione, eccellente utilizzo delle varie sonorità ricercate e interessante gestione delle varie tracce.
La struggente Breaking the Habit risulta colpa di emotività e prepara a uno dei brani meno compresi dell’intera carriera della band, vale a dire From the Inside. La traccia appena menzionata è – forse – la più complessa da assimilare in un album del genere. Si tratta, in linea di principio, del classico brano puramente metal, che non ha bisogno di soluzioni articolate o di filtri particolari. From the Inside è una canzone di pancia, desiderosa di far fuoriuscire quella rabbia repressa quando ciò sembrava non poter più avvenire.
Arriva il momento dell’area più sperimentale del disco. Nobody’s Listening e Session possiedono quella verve che, nel corso degli anni, conquisterà molti fan dei Linkin Park. Una ricerca al dettaglio che confluisce in tracce interessanti e dalla sorprendente profondità. Preludio perfetto a Numb che, alla stessa stregua di In The End, legittima e pone la firma a un lavoro di livello assoluto.
Postumi
Concluse le riflessioni su questi due lavori, è necessario porsi una domanda: che importanza hanno tali opere nel panorama metal?
Al di là dei banali detrattori – che lasciano il tempo che trovano – i Linkin Park hanno partorito lavori dall’enorme peso specifico. Prodotti in grado di avvicinare milioni di persone verso un genere non semplice da scardinare, con estrema semplicità e immediatezza. In sintesi, due lavori necessari per un ambito come quello in questione.
Va sottolineato come la band, con Meteora, abbia lavorato su quei dettagli che non hanno permesso al loro primo album in di slanciarsi all’interno di questa discografia. Sintomo di come i Linkin Park abbiano svolto un gran lavoro di analisi per poter apportare tutte le migliorie necessarie.
Se i primi due lavori analizzati sono da considerare come capisaldi del metal, cosa ci riserveranno i futuri album del gruppo? Si introdurranno nuovi schemi o avremo scelte discutibili e che intaccheranno la figura di una band di questo calibro?