ResPublica: Di Maio avrà abolito la povertà anche nel Golfo Persico?

Nei teoremi di matematica, in cui si richiede precisione e metodo, si giunge ad una conclusione mediante un metodo scientifico, partendo da una domanda, che è la miccia del nostro ragionamento. E così, come in un teorema, noi partiamo da una semplice frase e ci porremo una domanda. Nella nostra rubrica, infatti, i lettori potranno ripercorrere il passato degli inquilini di Montecitorio, trovando aneddoti e contraddizioni. Così come “Cetto la Qualunque” (Antonio Albanese nel film “Qualunquemente” ) prometteva l’impossibile in uno studio televisivo preparato ad hoc, Di Maio, ex Ministro degli Esteri, dello Sviluppo Economico ed ex capo del Movimento 5 Stelle, si affacciava al balcone di Palazzo Chigi (con un gesto, questo si, di storica memoria) sorridendo ed esultando per le manovre effettuate dal governo e dal suo movimento. La folla lo acclamava, agitando le bandiere del Movimento e, così, tra un discorso e l’altro siamo giunti alla ciliegina sulla torta: “Aboliremo la povertà”.

Forse memore degli insuccessi in politica italiana è ora operativo nel Golfo Persico per poter rappresentare l’UE in affari e negoziati con i paesi Arabi. Peccato che – oggi ce lo chiediamo più di ieri – non sembra avere nessun titolo, qualifica o competenza per svolgere questa mansione. Problematica peraltro sollevata, oltre che da politici italiani, da giornali esteri importanti come il The Guardian. Già attivo dai tempi della scuola e dell’Università (che non ha mai concluso), poteva scoprire la sua vocazione per la politica. Così, proprio per non farsi mancare nulla e poter dire di aver fatto di tutto, cominciò la sua attività di vendita di bibite presso lo stadio San Paolo. Indiscutibilmente una base solida per acquisire nozioni e competenze sulle relazioni internazionali e sui paesi del Golfo. Dalle bibite alle Camera il passo è breve, anzi brevissimo. A 26 anni diventa vicepresidente della Camera, infrangendo tutti i record: più veloce della barriera del suono. E dalla Camera dall’UE, e successivamente al Golfo Persico, il passo è altrettanto breve e decisivo. Così il Foglio titolava, il 24 febbraio 2025, “Di Maio riconfermato come inviato Ue per il Golfo, il Consiglio Affari Esteri UE ha dato il via libera, con Kallas che ha inviato una lettera ai 27 stati membri dell’Unione.”

Insomma, non poteva che esserne soddisfatto, al punto di dichiarare a “Il Tempo”, l’8 ottobre 2024: “La politica crea dipendenza e io spero di disintossicarmi, però come tutte le ricadute tutto è possibile”. Non sarà già questa nomina la ricaduta?

Nella linea del Movimento 5 Stelle, che la lo ha accompagnato nei suoi incarichi, si è posto in senso contrario rispetto all’originale diktat (quello di Grillo). Era infatti un diversivo, perché cullato da un movimento che nasceva come euro scettico e anti atlantista (oltre che contro mega stupendi e vitalizi) si è poi ritrovato a navigare in senso opposto. Ecco che quindi, nelle cronache politiche dello scorso anno che raccontano la scissione interna dei 5 Stelle tra Conte e Grillo, anche Di Maio incarna la lotta tra il vecchio e il nuovo: due visioni diverse di un Movimento che, indiscutibilmente, ha perso il suo disegno originario e l’anima feroce di personaggi come Grillo e Di Battista (il quale poi ne è uscito).

Anche nel 2019 decide di dare un taglio tra il vecchio e il nuovo: la crisi di governo tra Lega e 5 Stelle culmina con un patto di Giuda tra 5 Stelle e Pd, da sempre (e solo fino ad allora) nemici politici. Chissà cosa direbbe se si riascoltasse di nuovo. Nel 2017 dichiarava al Corriere:” Occorre andare oltre la NATO perché in questo momento siamo dei pazzi a portare le nostre truppe al confine con la Russia. La NATO in questo momento sta portando truppe al confine con la Russia quando noi crediamo che in un’ottica di lotta al terrorismo e di pace tra potenze militari, non sia assolutamente indicato, ma da folli.”

Sono bastati 5 anni per un passo altrettanto brevissimo (già infatti ne aveva compiuti altri dallo stadio alla Camera). Dopo l’invasione di Kiev da parte dell’esercito Russo dichiarava che” Putin è un animale”. Frase molto forte, che collide con la postura diplomatica che l’Italia (anche in vista della nostra Costituzione) potrebbe assumere dinanzi a controverse internazionali o guerre. Criticato molto anche da Di Battista, che su La7 commentava la frase choc, dicendo: “Si sono utilizzate frasi non diplomatiche e che hanno allontanato del tutto la possibilità per l’Italia di incidere su queste questioni.”
Dopo l’annessione della Crimea nel 2014, Di Maio si dichiarava contrario all’invio di armi e sanzioni: linea completamente opposta a quella poi intrapresa in senso filo atlantista dal 2022 in poi.

Non bastava il Reddito di Cittadinanza, del quale è stato anche promotore. Non bastava “abolire la povertà”, sua, della sua scorta, dei suoi uomini, dei detenuti che hanno percepito illegalmente il reddito e delle sue tasche. Occorreva che dopo un’esperienza all’italiana, dialogasse con il Golfo. E con quali effetti? Lo descrive chiaramente il The Guardian, scrivendo – dopo la prima nomina a rappresentante per il Golfo Persico – che i critici dell’UE accusano Di Maio di aver danneggiato i rapporti tra Italia, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita con il divieto di vendita di armi imposto nel 2021. La misura, motivata dall’uso delle armi italiane nella guerra in Yemen, portò alla chiusura della base militare italiana di Al Minhad. Secondo gli esperti, la comunicazione errata del divieto aggravò le tensioni diplomatiche, creando una crisi senza precedenti tra Italia ed Emirati. Cinzia Bianco ha affermato che, se Di Maio diventasse inviato UE per il Golfo, ciò comprometterebbe la presenza europea nella regione.

È stata abolita del tutto la povertà (la sua): infatti gira con la macchina blu e va nel Golfo con lauti stipendi di 12.000 euro al mese. Un risultato diplomatico senza precedenti.

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