“Non
voglio diventare la sesta stella“. È un fiume in piena Matteo Renzi durante l’intervista concessa a Bruno Vespa per Porta a Porta: il leader di Italia Viva va all’assalto del governo,
aprendo una sorta di semi-crisi del Conte-bis,
un’eccentrica anticamera capace di scatenare panico e subbuglio all’interno
della maggioranza.
“La
riforma Bonafede? Non funziona il ricatto: o la pensate come noi o ve ne
andate. Con tutto il rispetto non voglio morire grillino”. Un attacco frontale al presidente del Consiglio Conte e all’attuale ministro della Giustizia sul quale pende l’ombra della sfiducia, che tramuterà in realtà
qualora non dovesse essere trovato un accordo entro Pasqua. Un clamoroso
paradosso se si pensa che nel 2012 lo stesso Renzi twittava tutto il suo
disprezzo per il “potere di veto dei partitini”.
Una sfiducia individuale che, tuttavia,
metterebbe a serio rischio la tenuta del
governo; il PD, unica vera forza
politica capace di fungere da ago della bilancia in virtù dell’aritmetica, per
ora assiste in silenzio allo show messo in piedi dal numero uno di Italia Viva
che, nonostante le percentuali tutt’altro che esaltanti del suo partito,
continua imperterrito a dettare l’agenda.
Renzi
sembra essere tornato al 2014,
anziché frenare accelera, spaziando su più e più temi, come se sulla poltrona
principale di Palazzo Chigi ci fosse seduto ancora lui: “Se Conte vuole curare l’economia deve rendersi conto che il
Reddito di Cittadinanza (per il quale sono stati stanziati fondi per 2,3
milioni di persone, di cui solo l’1,7% ha trovato lavoro) è un fallimento . Lo
cancelli” – o ancora – “Non
si può andare avanti così, faccio un appello alle forze politiche: portiamo il
sistema del sindaco d’Italia a
livello nazionale. Lancerò una raccolta di firme”.
Un vecchio
volpone che, dopo aver spedito nell’oblio ciò che restava della sinistra
più ortodossa, strizza l’occhio ai moderati del centrodestra, abbracciando un
tema come il presidenzialismo (l’elezione
diretta del Presidente del Consiglio, per intenderci) tanto caro all’elettorato
di Forza Italia – in parte anche a
quello sovranista – e già bocciato da PD
e LeU.
Insomma, il Renzi
furioso, tutto dire e tuttofare, da un lato attacca e dall’altro tende in modo
fittizio la mano in segno di pace, imponendo condizioni irragionevoli a Conte – con il quale si incontrerà la
prossima settimana – che mai verranno accettate o rispettate. Se, come molto
probabile le elezioni anticipate non
saranno considerate una soluzione plausibile, si prospetterà all’orizzonte
l’ipotesi di un Conte-ter,
caratterizzato da un forte elemento di debolezza ma in ogni caso sostenuto dai
cosiddetti “responsabili”; tutto dipenderà dalla scelta di un
cospicuo numero di senatori di IV:
qualora il quadro della maggioranza mutasse nuovamente, Renzi e i suoi fedelissimi si accomoderebbero tra i banchi dell’opposizione.
È evidente che l’egocentrico senatore toscano non voglia essere la sesta stella; ciò a cui probabilmente ha sempre aspirato è essere considerato “la” stella: in buona sostanza stai sereno Matteo, che a giocare col fuoco o ci si brucia o si rischia di illuminare il cielo nella stessa misura in cui lo ravviva una meteora.