Tra i vari eventi ed interventi dell’edizione 2024 di Più Libri Più Liberi, la fiera della piccola e media editoria di Roma, è stata inserita in programma anche la prima presentazione dell’ultimo libro di Cecilia Dalla Negra, Questa terra è donna. Movimenti femminili e femministi palestinesi pubblicato da Astarte edizioni.
L’autrice, giornalista e ricercatrice indipendente, da vent’anni si occupa di Palestina, con un impegno particolare nella ricerca storica e culturale riguardo ai movimenti e alle lotte delle donne. Ad affiancarla durante la presentazione è stata la scrittrice Viola Lo Moro, interlocutrice incisiva e sagace, che ha saputo valorizzare con delle domande chiave l’intervento di Dalla Negra.
In questi anni – per fortuna – non è raro sentire esponenti del panorama culturale discutere e prendere posizione rispetto alla questione palestinese o ai movimenti femministi. Il problema, però, è che, troppo spesso, se ne parla in modo arrogante, da un piedistallo privilegiato e attraverso analisi prettamente teoriche; motivi per cui non sempre questo tipo di interventi sortiscono l’effetto propulsorio che potrebbero generare nell’opinione pubblica verso una riflessione o un cambiamento reale. Questa presentazione, invece, è stata occasione di confronto e di decostruzione di parecchi preconcetti; una conversazione portata avanti con un alto livello di competenza e di umiltà, da un punto di vista estremamente cosciente della delicatezza degli argomenti e del privilegio di poterne discutere liberamente.
Ha affermato la stessa autrice: “È stato difficile decidere di scrivere questo libro e decidere di pubblicarlo in un momento come questo, in cui il rischio di speculare su un altro popolo, di entrare in una dinamica anche involontaria di sostituzione, e, quindi, parlare a nome di altre, è dietro l’angolo”.
Questo testo ha lo scopo di divulgare e, in qualche modo, anche di conservare la storia di una tradizione di lotte femminili e femministe nate, coltivate e portate avanti malgrado la doppia oppressione che le donne palestinesi si trovano a vivere. Ci si trova innanzi ad un contesto in cui non si può discutere di ribellione contro una società patriarcale, senza porre al centro la questione del colonialismo israeliano e occidentale. Cecilia Dalla Negra ci ha tenuto più volte, infatti, a sottolineare che la sua operazione ha alla base la volontà di colmare un vuoto di parola di una versione della storia che corre il costante rischio di essere cancellata e messa a tacere da parte del popolo israeliano oltre che, come di consuetudine, dagli uomini.
Il corpo femminile, del resto, è anche un fatto politico e le femministe palestinesi ne sono molto consapevoli già alle prime teorizzazioni messe su carta. La più grande minaccia per un popolo che vuole distruggere l’esistenza di un altro è proprio la capacità riproduttiva delle donne e, non a caso, tra i crimini di guerra si assiste a stupri di massa e ad azioni volte al totale annullamento di un processo di soggettivazione femminile.
Risulta, dunque, ancora più prezioso un lavoro di studio e di approfondimento come quello di Cecilia Dalla Negra che – da femminista – sicuramente ha presente quali siano quei tratti che accomunano la condizione delle donne in tutto il mondo, ma è molto cosciente e rispettosa della specificità della cultura e della condizione politica che, sicuramente, si differenzia per ogni popolazione.
Un esempio di questo discorso riguarda la casa. Nell’ideale occidentale, infatti, le mura domestiche rappresentano un luogo spesso di violenza e una modalità di sottomissione e relegazione della donna alle faccende casalinghe, allontanate in questo modo dalla possibilità di partecipazione politica e sociale. In un immaginario come quello palestinese, invece, la casa è anche e soprattutto una roccaforte, un sito di resistenza politica perché, citando Dalla Negra “è l’unico luogo in cui si può tornare ad essere umani”.
Sono stati parecchi gli spunti di riflessione e di dibattito offerti durante la presentazione di Questa terra è donna, per concludere questo breve articolo, però, è doveroso ricordare che gli argomenti trattati sono stati particolarmente importanti specialmente nel corso dell’edizione 2024 di questa fiera, al centro di numerose polemiche riguardo alle tematiche femministe. In una società come quella odierna è di vitale importanza occupare tutto lo spazio possibile, dibattere, controbattere e denunciare una condizione di costante oppressione patriarcale perché è molto semplice cadere nella cancellazione e nel dimenticatoio dopo i primi cinque secondi di notorietà.
Operazioni culturali come questo libro e la collana “Manifesta” di cui fa parte, curata da Astarte edizioni, contribuiscono a portare avanti le rivendicazioni delle donne e della comunità LGBTQ+, per continuare ad essere fieramente polemiche e ostinatamente battagliere.