Anime Salve.
“Mille anni al mondo, mille anni ancora, che bell’inganno sei anima mia”
Fabrizio De André. Schierato. Cosa passerebbe oggi alle cronache? Se Anime Salve, ultimo disco di De André, uscisse ora?
Senza ipotesi inopportune, senza scomodare gli dèi, che vogliono essere scomodati. De André spiega bene nelle canzoni di questo disco, in collaborazione con Ivano Fossati, da che parte sta. Schierato. Passiamo dalla trans Princesa al cantico dei Rom, la canzone Khorakhané, ai ricordi di infanzia di Nina (Ho visto Nina volare), alla Smisurata preghiera per finire verso l’omonima Anime salve.
Lascia un testamento libertario. Di certo poco avvezzo alle gabbie. Un occhio vigile e civile verso le minoranze. Un contemporaneo perché inattuale. Spiega De André in un’intervista a tavolino, trovabile sul Tubo, che il concetto di maggioranza e di minoranza ha preso accezioni diverse dalle originarie. Maggioranza da majores, latino, per intendere la classe di chi deteneva poteri, atavicamente patrimoni. Questa classe è contrapposta ai minores, noi, la gente comune. Sottolinea De André: “nonostante il mestiere”.
L’unione dei minores nel riconoscersi li porta all’essere umani. Concetto base di ogni religione. Persino quella deandreista. A conti fatti la maggioranza è dei pochi. La minoranza è il popolo. È spiegato dal fatto che siamo tanti. Tante piccole minoranze che non detengono alcun potere. A queste minoranze si ascrivono quelle della comunità LGBTQA+, acronimo di “Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, Queer, Asexual, & Allies”. Lesbiche, gay, bisessuali, transgender, persone che non vogliono etichettare il loro genere sessuale, asessuati, e alleati, ovvero persone che supportano i diritti dei sopracitati.
A queste minoranze si ascrive un intero amalgama di persone ed esseri umani nascosti. De André nella presentazione del concerto storico al teatro Brancaccio di Roma, nel 1996, descrive il disco come un inno alle minoranze, minoranza come solitudine. E chi non è minoranza? Chi detiene il potere.
Poi c’è la realtà. No. Questa è la realtà. Chi è senza peccato scagli la prima pietra, se chi la “guerra insegnò a disertare” non ha insegnato a quelle minoranze di allora. Dove l’antica parola maggioranza non aveva perso il suo valore. Dove chi aveva il potere sedeva nel tempio. Un eterno testamento di De André.
Manzonianamente non voglio incensarlo. Ma chi ascolta Fabrizio De André compie una scelta netta. Non si è mai definito musicista, né poeta, perché aveva paura. E si definiva cantautore, proprio come i chansonnier francesi, proprio come fosse un grande Decameron. O un girone dell’Inferno di Dante. La Bolgia delle persone comuni. Etero, gay, lesbiche, casalinghe, casalinghe lesbiche, asessuati, camerieri, baristi, agenti di commercio asessuati, etero camerieri agenti di commercio (ad libitum).
Chi offende una minoranza detiene un potere. Non è un’opinione. Non esiste la minoranza che discrimina una maggioranza. E non è una lezione di sociologia. È un concetto base per chi come i comuni mortali ascoltano Anime Salve di Fabrizio De André. Che possano strider le orecchie.
Ma anche se noi ci crediamo assolti, siamo la minoranza. Ancora sento stridere le mie orecchie quando ho sentito persone pubbliche nominare solamente il piacere che hanno nell’ascoltare De André, come se lo ascoltassero non sentendolo. Forse perché ogni volta la canzone la sentiamo solo nostra. Poi sento l’intervista a De André su Anime Salve. E sparisce ogni dubbio.
“L’amore ha l’amore come solo argomento”
Dolcenera (Anime Salve)
di F. De André