Angelo Bruscino e Alessio Postiglione sono gli autori di “Popolo e Populismo. Dalla crisi dell’Europa alla rinascita della Democrazia. Come costruire insieme un’Italia migliore” (Cairo).
Un libro che affronta diverse tematiche fondamentali e racconta, con lucidità, la situazione politica italiana e internazionale, gettando uno sguardo sul futuro che ci attende.
Buongiorno Alessio e grazie per aver accettato la nostra intervista. Qual è il legame tra Popolo e Populismo? Cosa sono e perché nascono questi movimenti?
Buongiorno Alessandro, grazie a te e a tutta la squadra di Lanterna. Inizierei dicendo che il Populismo è più uno stile politico che un gruppo di partiti coerenti tra loro. Sotto questa etichetta troviamo partiti di destra come la Lega, partiti di centro, o comunque né di destra né di sinistra, come il Movimento 5 Stelle, gli spagnoli di Podemos, i greci di Zyriza, entrambi dichiaratamente di sinistra. Un fronte variegato ed eterogeneo che ha come punto comune il fatto di non vedere la società organizzata in classi sociali ma divisa tra popolo ed élite.
Negli ultimi anni la democrazia liberale è in crisi, anche di rappresentanza. Gli elettori non si riconoscono più nei partiti tradizionali. L’accusa è che destra e sinistra sono uguali e, in fin dei conti, hanno fatto tanto per assomigliarsi con le grandi coalizioni che da eccezione sono diventate la regola. Oltretutto i partiti tradizionali hanno messo una distanza tale tra eletti ed elettori che ha fatto sì che i cittadini volgessero lo sguardo verso movimenti che mettessero il popolo al centro.
Ci hai parlato della Lega, del M5S, come di altri gruppi europei. Però, nonostante sia espressione del Partito Repubblicano, anche Trump spesso viene indicato come populista. È diverso il Populismo oltreoceano rispetto a quello continentale? Inoltre, anche alla luce delle grandi differenze tra i vari movimenti politici, possiamo parlare di Populismi, in forma plurale?
Assolutamente. A mio avviso l’asse destra sinistra non ha esaurito la sua capacità esplicativa. Ma a quest’asse orizzontale si è aggiunto un altro asse “popoli-casta”. Lo spazio politico è diventato quadridimensionale. La caratteristica comune tra tutti questi movimenti però è che sono partiti ostili al liberismo economico e che hanno preferenza per politiche protezioniste. E quindi anche il partito repubblicano, storicamente partito del liberismo, cambia verso con Trump che propone dazi e politiche doganali. Il Presidente americano è quello che nell’800 definiremmo un “mercantilista”, rimanendo però conservatore sui valori e protezionista in economia. Questa dinamica avviene anche con i populisti di sinistra. Podemos e Zyriza, ad esempio, non solo sono protezionisti ma addirittura anticapitalisti. Partiti quindi molto diversi tra loro trovano un minimo comun denominatore nell’ostilità alla democrazia liberista.
Vista la situazione politica odierna e, più in generale, quella sociale, quanto altro spazio avranno i populismi? I partiti tradizionali cosa debbono fare per frenare il fenomeno?
A mio avviso avranno ancora spazio da occupare. Il liberismo, con la caduta dell’Unione Sovietica, ha preso una nuova forma, post democratica o biopolitica. Dopo la caduta del Muro di Berlino, in Europa nasce l’Unione europea e viene adottata la moneta unica. I parametri di Maastricht, congiuntamente all’Euro, hanno fatto sì che le uniche politiche economiche che potessero essere promosse sono quelle di stampo liberista. L’Euro non è soltanto un meccanismo economico, ma è un meccanismo politico per depoliticizzare i governi.
Il Populismo è una reazione a questa Unione a trazione liberista. Ma anche a livello globale il liberismo si è imposto come l’unico meccanismo di funzionamento del sistema economico a livello planetario attraverso la World Trade Organization, che, tramite l’ingresso della Cina, è stata foriera di una serie di trasformazioni economiche su scala globale rispetto alle quali Trump è una risposta.
Trump fa la guerra alla Cina del capitalismo predatorio e alla Germania locomotiva dell’Europa. Il Presidente USA mette in discussione questo sistema, liberista, dove si sono favoriti meccanismi di precarizzazione del lavoro. C’è un trasferimento delle tutele dal lavoro al capitale. Di fronte a questi meccanismi il Populismo continuerà ad avere successo.
Le democrazie liberali, se vogliono contrastare questo fenomeno, dovrebbero puntare al liberismo politico depotenziando quello economico. Saranno in grado di farlo?
E con questo tuo interrogativo ai nostri lettori termina la nostra intervista. Grazie Alessio per il tempo concesso.
Grazie a te Alessandro, un saluto a tutti i lettori di Lanterna.