Pietro Dohrn: un grande albero arcaico che ha dato ombra e ristoro a tutti

Nella bellissima vetrina di Più Libri Più Liberi il giorno 7 dicembre si è tenuto l’evento “L’archivio di Pietro Dohrn. Un viaggiatore senza confini nel mondo della scienza”. Hanno preso parte e sono intervenuti Caterina Placidi e Roberto Lorenzetti, archivisti incaricati di riordinare le documentazioni di Pietro Dohrn, Guido Zappavigna, commissario della Riserva dei laghi Lungo e Ripasottile, e Grazia Francescato, amica di Dohrn ed ex presidente di WWF Italia.
Si sono ritrovati per parlare delle nuove documentazioni scoperte nell’archivio e di come la figura di Pietro Dohrn e della sua famiglia sia stata importante per la ricerca scientifica non solo del nostro paese ma anche di tutto il mondo.

L’evento organizzato nello stand della Regione Lazio ha avuto il compito e l’interesse nel far conoscere questo scienziato ed ecologo che ha giocato un ruolo molto importante per la ricerca scientifica. Non è stato mostrato solo il suo lato scientifico, ma la sua persona a tutto tondo. Partendo dai racconti scritti nei suoi documenti ufficiali e nelle sue lettere, passando per i racconti della sua famiglia e di chi lo ha vissuto nel suo lavoro e nella sua routine, mostrando il suo lato umano e coinvolgente nelle sue ricerche e scoperte.

I primi racconti fatti su Dohrn non potevano che essere sull’emblema suo e della sua famiglia, La stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli. Fondata da suo nonno come prima stazione zoologica di un progetto più grande che vedeva la creazione di stazioni zoologiche per poter studiare da vicino gli animali e potersi confrontare con esperti e colleghi. 
Questa stazione è stata fondamentale per la prima parte della vita di Pietro Dohrn, per la quale ha sempre avuto un interesse durato tutta la sua vita.
Presentava laboratori all’avanguardia e soprattutto, come raccontato da Caterina Placidi, dei tavoli di lavoro nei quali scienziati da tutto il mondo si riunivano per lavorare in connessione. Da quei tavoli sono usciti anche diciannove premi Nobel.  Mostrandoci come la famiglia Dohrn avesse a cuore la ricerca scientifica cercando di sviluppare degli spazi in cui gli scienziati potessero creare una comunità.

La modalità di incontro e condivisione del pensiero scientifico  è stata alla base del pensiero di Dohrn e lo ha portato in tutte le sue fasi della vita. Questo ci è stato raccontato sia da Roberto Lorenzetti, primo archivista che ha visto le documentazioni di Pietro Dohrn, sia dal commissario Zappavigna mostrando come la creazione del casale Colli sul Velino sia stata fondamentale per creare la Riserva dei laghi Lungo e Ripasottile ma soprattutto è stato il luogo nel quale si sono incontrati per decidere l’impegno ambientalista di Greenpeace Italia.
Sempre nel reatino Dohrn si è reso partecipe di un esperimento molto importante sul farro per uso domestico, nel quale è interessante il suo approccio scientifico e di inchiesta. Dohrn ha seguito tantissime conferenze sia scientifiche che storiche per capire come nel passato si sia usato il farro, prima di provare sul campo la sua semina come detto da Roberto Lorenzetti e Caterina Placidi. 
Le loro parole mostrano Pietro Dohrn come una persona interessata a tutti gli ambiti della cultura e non solo all’ambito scientifico.

La figura umana e più personale è invece stata descritta da Grazia Francescato, sua amica, discepola e insieme a lui ricercatrice. Lei ha lo ha descritto come un motivatore, una persona coinvolgente che ha sempre spinto le persone a provare, come quando le ha detto di imparare l’arabo per leggere dei documenti. “Cercava di coinvolgere tutti e insieme a lui si facevano esperienze straordinarie” ha detto la Francescato. Come quando l’ha coinvolta ad andare nel Cilento a creare il primo parco marino protetto, mentre le persone non sapevano neanche cosa potesse essere un parco marino. Ma questo fa vedere la straordinaria forza che Pietro Dohrn aveva. Anche quando iniziò a protestare contro la sua stessa opera “il parco marino di castel Abate” che a sua detta: limitava il lavoro dei pescatori. Riuscendo anche a migliorare il loro lavoro nell’area marina protetta, poiché aveva capito l’importanza di quest’area per chi viveva di pesca.
Il miglior modo per chiudere l’articolo su Pietro Dohrn non possono che essere con le parole di Grazia Francescato che in un altro intervento lo descrisse come: “ un grande albero arcaico, che ha dato ombra e ristoro a tanti, nella sua lunga vita. Nella sua scia di discepoli, che per decenni non ha mai smesso di attrarre, reclutare, istruire, stimolare e (quando era il caso) rimproverare con burbera ma affettuosa severità, mi sono felicemente ritrovata anch’io. Anzi è proprio a lui, come tanti altri ecologisti italiani, che debbo la mia iniziazione all’ecologia. Un’iniziazione in grande stile, come tutto d’altronde nella vita di Pietro, che non era uomo da mezze misure e non giocava al risparmio”.

L’evento è stato un importante mezzo per conoscere una figura importante per l’ecologia e la scienza italiana e non solo, che ha sempre avuto come scopo quello di  creare una comunità coesa e che potesse portare avanti il pensiero scientifico unificandolo a tutti gli aspetti della cultura umana tra cui anche l’arte, passione di sua moglie.
Un altro aspetto importante è stato mostrare l’importanza degli archivi come contenitore di cultura e memoria che rischia di essere perso senza l’interesse delle istituzioni, come stava per succedere all’archivio storico di Pietro Dohrn. 

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