Personaggi precari: l’umanità in monadi di Vanni Santoni

Entrando nella sala Marte, verso l’evento di Più Libri Più Liberi che avrebbe ospitato la presentazione della nuova edizione di Personaggi precari di Vanni Santoni, si respirava già un’aria di ilarità. Il pubblico, conoscendo l’autore, aveva probabilmente immaginato a grandi linee le note su cui la conversazione sarebbe stata portata avanti e di certo non è stato deluso. 

Santoni, accompagnato dallo scrittore Giordano Meacci, ha trasportato le persone presenti attraverso le sue pagine e i suoi personaggi, permettendo loro di assaggiare quel singolare gusto per il tragicomico – se così possiamo definirlo – di cui le sue parole sono pregne. 

Personaggi precari è un’opera in fieri. Come racconta lo stesso autore, infatti, si tratta di una raccolta di idee messe su carta che inizia dal 2004. Volendo analizzare stilisticamente questo testo, lo si potrebbe attribuire al genere del catalogo; una sorta di elenco di nomi a cui vengono attribuite poche parole: a volte sono dialoghi, a volte versi, a volte anche solo semplici frasi che raccontano uno scorcio di vita dietro al personaggio, appunto. 

Non si comprende subito l’ordine in cui questi nomi sono stati posti, Santoni ha dato qualche suggerimento circa una scansione cronologica e una giustapposizione o contrapposizione possibile di idee e di riferimenti, ma non è la prima cosa a cui un lettore o una lettrice comune farebbero caso. La sensazione principale che si percepisce dalla lettura di Personaggi precari è la fugacità. Tante misure che spesso descrivono l’essere umano come il tempo, l’appartenenza geografica, l’aspetto fisico, lo status sociale… qui non è nemmeno necessario che vengano specificate. Semplicemente leggendo: “Vede piccole storie nelle ombre”, si crea nell’immaginario una possibile idea di chi potrebbe essere la Timia di pagina 95. 

Le scene ricordano molto le attese negli aeroporti o nelle stazioni dei treni: quei momenti in cui attorno passano centinaia di persone sconosciute quando, magari insieme alla persona che ci accompagna, si gioca a scorgere qualche indizio su chi passa dal colore del vestiario, dalla camminata più o meno sicura. I cosiddetti non-luoghi – mai punti di arrivo ma solo di transito – sono anche quelli in cui spesso ci si guarda attorno e, senza conoscere nessuno, ci si rende testimoni di un fugace scorcio di vita altrui. Sarebbe impossibile andare a parlare con ciascuno e scoprirne le storie: resteranno per sempre lo sconosciuto con un berretto arancione al Gate 4 e la sconosciuta con una valigia troppo pesante sotto la pensilina dell’Autostazione. 

Questi sono i personaggi precari di Santoni: scorci di esseri umani che non si conosceranno mai perché mai interloquiscono tra loro. Si osservano tra le pagine, letti da occhi esterni, immobilizzati dalle poche parole che li stanno descrivendo ma potenzialmente in evoluzione  perché nessuno scrive per loro una storia che resterà per sempre fissa. Sono monadi – come vengono descritti nella quarta di copertina – che condividono il destino di essere nate dalla stessa penna, con la libertà di diventare nuove esistenze nell’immaginario di chi legge.

Non si cade mai nella banalità: durante l’incontro entrambi i protagonisti – tra una battuta sull’accento toscano ed una citazione a Borges – hanno dato prova della loro immensa cultura che si ritrova facilmente nelle scelte lessicali, grammaticali e stilistiche nel testo, oltre che nel rimando a nomi noti legati a condizioni esistenziali immediatamente riconoscibili da chi legge. 

A tal proposito lo stesso Meacci ha voluto puntualizzare una questione per nulla banale: molti dei personaggi precari suscitano ilarità e sono anche utilizzati in vignette comiche per esempio; ciò non toglie che questa sia un’opera seria, curata e costruita nei minimi dettagli, che offre molteplici e interessanti spunti di riflessione. 

Quasi un peccato che l’edizione 2024, edita Voland, sia l’ultima, quella definitiva, anzi, quella finale, citando il sottotitolo. Santoni, infatti, durante la presentazione, ha affermato che in questa versione l’opera dice tutto quello che può dire, almeno al momento. Di certo non sono finiti i nomi né i personaggi né le circostanze di cui si potrebbe scrivere con la sua ormai ventennale esperienza di questo stile espressivo; probabilmente, però, il concetto su cui si basa il libro è stato esplicitato in modo esaustivo: toccherà a chi legge imparare a riconoscere la precarietà della condizione umana, la potenza dei pregiudizi, la fugacità di una vita che passa accanto o, forse banalmente, la necessità di una sana risata scorgendo quella Gabriella di pag.55 in cui Santoni ha scritto proprio di me

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