Perché l’Italia ha bisogno di una legione straniera

La Legione straniera è una di quelle unità militari entrate nell’immaginario collettivo a causa delle proprie gesta storiche, poi elevate a leggenda dai racconti epici effettuati in sede successiva. Andando al di là del mito, occorre capire che questo tipo di unità ha sempre rappresentato un valido elemento operativo impiegabile in situazioni e teatri assai particolari. Tale verità oggi viene resa ancor più valida con la comparsa di nuove difficoltà in regioni lontane e difficili che rappresentano però, dal punto di vista squisitamente geostrategico, un coacervo di interessi e di obiettivi rilevanti per ogni attore attivo sul piano internazionale.

UN INQUADRAMENTO STORICO

Partendo da un piccolo esame storico, è possibile rilevare come il ruolo e le funzioni della Legione straniera francese, ma anche di altre unità similari sorte in paesi diversi, si siano progressivamente evoluti; mantenendo tuttavia il carattere di unicità che le ha sempre contraddistinte dalle altre unità d’élite.

La Legione straniera francese venne creata da Re Luigi Filippo nel 1831 nel contesto dell’occupazione che i francesi stavano operando in Algeria. Poco tempo dopo, l’unità era già attiva sia durante la guerra di Crimea sia durante la Seconda guerra d’indipendenza in Italia. Ma la sua particolarità emerse con la spedizione in Messico; dove la Legione combatté nella famosa battaglia di Camerone, ancora citata nei canti dei legionari. Il suo ruolo divenne sempre più associato a quello di un reparto d’élite impiegabile nei teatri operativi remoti in cui le truppe convenzionali non sarebbero riuscite ad adattarsi con facilità. I legionari subivano infatti un addestramento di tipo diverso e più severo, erano abituati alle condizioni climatiche estreme e spesso dimostravano livelli di coraggio che sconfinavano nel rifiuto del pericolo. In virtù delle necessità di proiezione all’estero della Francia, tale reparto finì per essere schierato soventemente in Africa; prendendo parte alle campagne del Madagascar, anche definita Guerra franco-hova, e del Rif oltre a combattere nel teatro africano della Seconda guerra mondiale. In seguito la Legione fu attiva in Indocina nel corso della guerra che i francesi si trovarono a gestire prima dell’intervento statunitense nell’area. Fu in quell’occasione che avvenne il disastro di Dien Bien Phu. 

In tempi più recenti, e sempre rimanendo nel contesto africano, i legionari furono schierati nuovamente in Algeria; e poi gli venne ordinato di intervenire nella crisi degli ostaggi di Loyada del 1976, dove un autobus con a bordo diversi cittadini francesi venne preso d’assalto da un fronte di liberazione somalo. Altri interventi importanti si ebbero nella battaglia di Kolwezi nel 1978, nell’allora Zaire, in Mali, in Afghanistan e nel Golfo. Fu proprio durante la guerra del Golfo che l’addestramento della Legione poté mostrare tutta la sua capacità d’adattamento; in quanto, mentre i legionari riuscivano ad affrontare una giornata operativa bevendo pochissimi litri d’acqua, le truppe americane e degli altri paesi unitisi alla coalizione ne consumavano moltissimi, con evidenti differenze comparative sulle ripercussioni tattico-operative.

Parlando di altri casi di studio interessanti è possibile citare la Legione spagnola; la quale venne impiegata nella guerra del Rif dopo essere stata fondata nel 1920 proprio sul modello francese. Pertanto si tratta di un’unità più recente, funzionale alle esigenze della presenza spagnola in Marocco. Durante la guerra civile in Spagna la Legione si schierò dalla parte di Franco, e successivamente continuò ad essere utilizzata come forza principale nei territori d’oltremare di Madrid, come dimostra il caso della guerra di Ifni nel 1957 in cui l’Esercito di Liberazione Marocchino tentò di assediare i vari possedimenti spagnoli rimanenti nell’area. Un aspetto interessante riguarda il fatto che, a partire dal periodo di transizione iniziato con la morte di Franco, non fu più consentito l’arruolamento di stranieri nell’unità. Questo fece perdere l’appellativo di “straniera” a quella che ora rimaneva semplicemente “Legione spagnola” nel 1987. In seguito il reclutamento di personale straniero fu nuovamente consentito, ma solo in connessione a cittadini dell’America Ispanica, ovvero quell’insieme di nazioni americane ove si parla spagnolo, e della Guinea Equatoriale.

UN POSSIBILE MODELLO

La Legione straniera francese è strutturata con un comando centrale e undici reggimenti e unità, delle quali nove sono dislocate nella cosiddetta Francia metropolitana e due nei Territori d’oltremare. Anche la Legione spagnola è strutturata in reggimenti, dei quali uno risulta stanziato nella Spagna meridionale ed un altro nelle enclave di Ceuta e Melilla.

Per chi è poco esperto di arte militare, un reggimento è solitamente composto da millecinquecento soldati minimali sino ad un massimo approssimativo di tremila. L’importanza di tale tipologia di unità è significativa soprattutto per quanto concerne lo spettro operativo. Sopra al reggimento si trova la brigata, e al di sotto del reggimento ci sono i battaglioni; cominciando così a scendere sul piano tattico. La Legione spagnola conta circa cinquemila effettivi, mentre quella francese arriva ad averne circa novemila. Chiaramente bisogna considerare le esigenze operative e strategiche dei singoli paesi nonché le loro dislocazioni di truppe militari in proiezione o sul teatro nazionale.

Dato che tale scritto va a sostegno di un’ipotetica legione straniera italiana, attualmente non esistente, occorre immaginare quale struttura essa potrebbe assumere in considerazione dei vantaggi ricavabili da tale implementazione. 

Inizialmente un simile reparto, nel contesto delle nostre forze armate, potrebbe partire dal reclutamento di un migliaio di effettivi; per poi attestarsi tra i tremila e cinquemila sulla falsariga del caso spagnolo. Di converso, sarebbe inutile cercare di replicare il modello francese, poiché la nostra esposizione all’estero non è parimenti sviluppata. Inoltre va considerato che i francesi hanno moltissima esperienza nel gestire unità multiculturali, cosa che da noi non è più stata tentata sostanzialmente dai tempi della Seconda guerra mondiale.

Il reclutamento dovrebbe essere aperto sia ai cittadini italiani sia ai cittadini stranieri, comunitari ed extracomunitari. Questo consentirebbe di attirare diversi combattenti costretti a lasciare il proprio paese e tuttora desiderosi di servire una causa; conservandone e reindirizzandone l’esperienza militare individuale e, laddove possibile, di gruppo. Oltre a questo, ciò potrebbe consentire a diversi immigrati extracomunitari di trovare una strada alternativa a quella del tradizionale percorso che devono intraprendere una volta arrivati in Italia. Bisogna a tal punto ricordare che nella Legione straniera francese non è obbligatorio conoscere il francese nella fase di ingresso. Replicare tale punto significherebbe dover insegnare l’italiano ad un livello adeguato a tutti gli arruolati non parlanti tale idioma, mentre il gruppo di ufficiali e sottufficiali nonché il personale incaricato dell’addestramento dovrebbe inevitabilmente possedere una buona conoscenza dell’inglese, del francese, dell’arabo e della lingua swahili, perché quest’ultima ha un ruolo veicolare nell’Unione Africana. Ovviamente tale impostazione risentirebbe della previsione che la maggior parte degli arruolati proverrebbe dai migranti extracomunitari.

Il vantaggio che un emigrante potrebbe trovare nell’arruolarsi in una simile unità risulta connesso al fatto che verrebbe inserito in un percorso attivo di addestramento ma anche di avvicinamento agli usi del nuovo paese; creando così un potenziale vantaggio sociale per l’Italia, che si troverebbe ad accogliere degli individui con un attaccamento e un senso di appartenenza più rilanciato e con una certa conoscenza dell’italiano. Sarebbe quindi una situazione di reciproca convenienza.

OBIETTIVI E PROSPETTIVE

In uno scenario internazionale come quello corrente il teatro africano e quello mediorientale stanno tornando ad acquisire rilevanza nel contesto del cosiddetto Mediterraneo allargato. Vari Stati, tra cui l’Italia, ne percepiscono la crescente importanza; ma si accorgono anche di essere impreparati ad affrontarne le relative conseguenze strategiche ed operative. 

La creazione di una legione straniera consentirebbe di formare un’unità elitaria da impiegare in contesti estremi o comunque non usuali per le nostre forze armate. Essa potrebbe prendere parte a vari tipi di missione finalizzati a proiettare potenza nelle aree di interesse nonché supportare attivamente popolazioni e gruppi locali guadagnandone il favore. Tale approccio viene già impiegato da altri attori presenti in Africa e altre parti del mondo, ma la differenza risiede nel fatto che il caso ivi ipotizzato presenta un’ipotetica unità formata da individui in larga parte provenienti dai continenti destinatari delle missioni. Pertanto si presume, come le scienze strategiche insegnano, che l’adattabilità e la formazione di legami amichevoli con la popolazione autoctona vengano facilitate. 

La creazione di un simile reparto condurrebbe altresì a dei vantaggi quantitativi del tutto innegabili, poiché risponderebbero alle  esigenze di accrescere gli effettivi recentemente segnalate dagli Stati maggiori. Inoltre bisogna osservare che sebbene si stiano discutendo incrementi quantitativi, stimabili dai mille ai cinquemila effettivi in almeno un lustro, l’addestramento particolare e la concezione su cui la nuova unità verrebbe impostata le conferirebbero un carattere assai positivo anche in termini qualitativi. 

I costi non dovrebbero rappresentare un problema significativo, in base alle classiche esigenze della fanteria in termini di equipaggiamento. Di converso, qualora tale unità assumesse un carattere meccanizzato la previsione economica e di impiego potrebbe variare notevolmente. 

In ogni caso si tratta, come detto all’inizio, di un’ipotesi particolare e alla quale si fa poco spesso riferimento. Tuttavia, soprattutto nel contesto attuale, occorre immaginare soluzioni sempre più asimmetriche e alternative per il comparto difesa; il quale tornerà ad essere uno strumento utile e necessario per far fronte alle minacce internazionali. 

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