Oggi, che i venti di guerra sono tornati a soffiare impetuosi in quella zona martoriata del mondo, oggi che morte e distruzione incombono sul Medio Oriente e minacciano ancora una volta il Libano, e le violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani si susseguono, non si può non ritornare con i ricordi a un romanzo scritto da una grande scrittrice come Oriana Fallaci, profonda conoscitrice della politica internazionale e dell’animo umano, un romanzo ancora attuale purtroppo, visionario e tragico.
Il libro è un atto di accusa contro la guerra, tutte le guerre antiche e moderne, senza se e senza ma, e una prova d’amore per tutti coloro che la guerra la subiscono, vittime innocenti e inconsapevoli di oscuri poteri superiori.
Il titolo del romanzo è “Insciallah”, siamo negli anni ottanta e una sanguinosa guerra sta distruggendo vite, città e speranze, come tutte le guerre, mettendo a nudo la parte più terribile degli uomini, quella che si assuefà agli orrori, che si abitua a sopprimere i suoi simili, che pensa che tutto ciò sia normale.
La scrittrice, in questo romanzo, più che in altri, dimostra la sua grande capacità di cogliere ed esprimere le angosce e le tragedie che gli uomini provano e si ostinano a perpetrare nel tempo, in ogni luogo, la cui eco sembra risuonare nell’eternità.
Oriana Fallaci ci parla di un’altra guerra, altra epoca, altre motivazioni, altre giustificazioni, ma sempre uguali sono <<i bambini che la guerra uccide>> come dice lei stessa , sempre gli stessi gli interessi che favorisce e sempre i soliti i potenti burattinai che si arricchiscono sulle macerie e sui cadaveri di <<un popolo …massacrato dal cannone>> (Trilussa).
Il Libano, la Svizzera del Medio Oriente, la terra dei cedri, bombardata, distrutta, senza più speranza.
In questo scenario apocalittico si inseriscono le storie dei moderni eroi (o antieroi), sono i nuovi Achille, Patroclo, Odisseo, Ettore, Enea, si chiamano in altro modo, Angelo, Charlie, ecc., ma descrivono gli stessi orrori, lottano per l’amore e l’amicizia che pure si fanno strada tra le rovine di vite distrutte, si chiedono perché? Perché?
Chiedono invano una pace che non arriva, vivono, soffrono, combattono, uccidono, muoiono, sempre gli stessi, gli ultimi, provano le stesse sofferenze, e ripetono ancora mai più! Mai più!
L’uomo è il protagonista, questo animale dalla memoria corta e dalla prospettiva limitata, incapace, ancora oggi, nonostante tutti i progressi e gli sviluppi, di vedere al di là del suo ristretto interesse personale, al di là del suo naso.
La Fallaci parla contro la guerra, contro tutte le guerre, nello stesso tempo attraverso il romanzo ci lascia una speranza, a Beirut la vita vince, ancora una volta, incarnata dai cani randagi che invadono ogni sera la città <<E incrostati di sangue, sciancati, tignosi…eppure bellissimi, morti milioni di volte, eppure vivi, vivi quindi immortali, quella notte i cani randagi tornarono a invadere la città>> (Insciallah).
Dalle ceneri rinasce l’uomo per compiere ancora una volta il suo destino, “Insciallah” dicono gli arabi, “come Dio vuole”, ma ora, e lo scenario internazionale che stiamo vivendo non fa che confermarlo, mi resta molto difficile pensare che rinascerà migliore di prima.
Noi non possiamo fare altro che vivere questo << arcobaleno inesauribile di colori…un caos fantasmagorico di voci e di volti, di creature le cui azioni si intrecciano o si sovrappongono per tessere la catena di eventi>> che costituiscono la vita e che <<determinano il nostro personale destino>>.